Per un’abbondanza frugale by Serge Latouche

Per un’abbondanza frugale by Serge Latouche

autore:Serge Latouche
La lingua: ita
Format: epub
editore: Bollati Boringhieri editore
pubblicato: 2011-12-06T16:00:00+00:00


La crescita rimane sempre possibile, se sostenuta dalla produzione immateriale

Alcuni fanno il ragionamento seguente: la crescita si identifica fondamentalmente con l’aumento del prodotto interno lordo. Ora, non è necessario ridurre il PIL per salvare gli equilibri naturali, in quanto il PIL registra non soltanto i beni prodotti a partire da risorse naturali (cioè da input naturali), ma comprende anche (in proporzione sempre più elevata nei paesi ricchi) servizi di natura immateriale. È dunque perfettamente possibile immaginare una crescita continua dei servizi, e di conseguenza il mantenimento di una forte crescita del PIL, con un contemporaneo arresto, o addirittura una diminuzione, della produzione materiale. L’argomento non è errato in astratto, ma solleva quattro considerazioni che ne annullano la portata pratica.

In effetti, dal punto di vista delle risorse naturali, la «nuova economia», basata sui servizi e il virtuale, è relativamente immateriale. Il turismo, il cui giro d’affari è incommensurabile rispetto ai suoi input materiali, e le nuove tecnologie dell’informazione e della comunicazione, i pilastri dell’economia della conoscenza, sono settori in espansione che contraddistinguono questa trasformazione. I turisti internazionali sono passati da 25 milioni nel 1950 a più di 700 milioni nel 2008.6 D’altra parte, come osserva Alain Cotta, «quasi due individui su tre hanno smesso di esercitare i muscoli per partecipare all’universo dei segni e degli esseri ... diventato una megamacchina della comunicazione i cui servitori si chiamano impiegati».7 In Francia il settore terziario assorbe quasi il 70% dell’occupazione ma, escludendo il trasporto, consuma soltanto il 16% dell’energia ed emette soltanto l’11% dell’anidride carbonica.8 «Il mondo ha davanti a sé un’agenda di crescita favolosa», esulta Jacques Attali, uno dei profeti di questa «economia della conoscenza».9 Il «digiworld» annunciato è fatto di un cocktail di high-tech, informatica, elettronica, numerica, telecomunicazioni, banda larga, reti, biotecnologie, nanotecnologie. Ricercatori, ingegneri, tecnici e informatici sostituiranno i colletti blu. Il computer scaccerà la macchina utensile, senza dimenticare i servizi meno nobili ma non meno necessari al funzionamento della nuova società: collaboratrici domestiche, badanti, guardie giurate, addetti alle consegne a domicilio ecc.

Tutto questo è vero: in effetti assistiamo a uno sviluppo senza precedenti di beni «che non fanno male quando cadono su un piede»10 e che implicano investimenti in capitale «cognitivo», o più semplicemente in lavoro umano anziché in capitale fisico. Tuttavia, questo aumento dei beni immateriali poggia su una infrastruttura assai materiale, che non rompe affatto con la logica antiecologica della società della crescita.

Il capitalismo cognitivo spesso è più ingordo di input materiali di quanto non sembri a prima vista. Anche se i software incorporano soprattutto materia grigia, la fabbricazione di un solo computer, per esempio, consuma 1,8 tonnellate di materiali, di cui 240 chili di energia fossile, e un chip di due grammi ha bisogno di 1,7 chili di energia, nonché di una enorme quantità d’acqua.11

In realtà questa nuova economia, più che sostituire la vecchia, la completa. L’attività industriale è effettivamente diminuita in termini relativi, ma non in termini assoluti. Negli ultimi vent’anni l’industria è cresciuta del 17% in Europa e del 35% negli Stati Uniti. In



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