Privati del patrimonio by Tomaso Montanari

Privati del patrimonio by Tomaso Montanari

autore:Tomaso Montanari
La lingua: eng
Format: epub, azw3, mobi


Capitolo sesto.

Gradi di alienazione

Credono infatti che la vergogna più infamante consista

nell'annotare nei pubblici registri che la città, allettata da una

somma di denaro, e per di più da una somma modesta, ha

venduto e trasferito legalmente su altri la proprietà di oggetti

ricevuti dagli antenati.

CICERONE, Quarta orazione contro Verre, 70 a.C..

«Castello della Repubblica Veneta di fine 400 di notevole

pregio storico artistico composto da 6 edifici e cintato da

strutture in pietra. L'immobile si trova nel centro storico della

cittadina, e versa in stato di abbandono». E anche: «Vendesi

immobile realizzato nella prima metà del 1600 costituito da un

fabbricato di quattro piani f. t. e uno interrato, articolato intorno

ad un'ampia corte centrale. Pessime condizioni manutentive.

Edificio di classe G». E perfino: «Compendio costituito da

tre isole molto vicine l'una all'altra di 72500 mq complessivi nella

Laguna Sud di Venezia.

Sono presenti fabbricati in pessimo stato manutentivo.

Dichiarato di interesse culturale ai sensi del D. Lgs 42/04.

ape classe G». Questi tre incredibili annunci di vendita non sono

parodie, o caricature: sono annunci veri, tutti pubblicati nel 2014

sul sito venditaimmobili. agenziademanio.it. Se cliccate sull'icona

«chi siamo», è come se vi guardaste allo specchio: perché la

risposta è che a vendere è l'Agenzia del Demanio, cioè lo Stato,

cioè noi. E (forse) siamo noi anche a comperare.

A vendere come comunità, a comperare come singoli (anche

se spesso battuti da acquirenti stranieri). Ma in questo gioco

paradossale e sciagurato, perdono anche gli italiani che vincono:

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anche chi si comprasse il castello di Gradisca d'Isonzo, il

convento di San Domenico a Taranto, l'Isola di Poveglia a

Venezia sarebbe comunque più povero, in quanto membro di una

comunità impoverita.

Con la suadente ipocrisia che si usa intorno ai letti di morte,

l'Agenzia del Demanio (che è un "ente pubblico economico"

autonomo)

dichiara

di

«perseguire

il

soddisfacimento

dell'interesse pubblico adottando criteri di economicità e di

creazione di valore economico e sociale nella gestione del

patrimonio immobiliare dello Stato». In verità vende, e anzi

svende (come fa ben capire anche il tono dimesso e masochista

degli annunci), il patrimonio immobiliare demaniale, e al suo

interno anche il patrimonio culturale.

E «per raggiungere i propri obiettivi, fa ricorso a modalità

organizzative e strumenti operativi di tipo privatistico»: il che

aggiunge preoccupazione a preoccupazione.

Ma come siamo arrivati a questo disastro? L'alienazione del

patrimonio culturale è una sottospecie, particolarmente grave e

dolorosa, dell'alienazione del patrimonio immobiliare pubblico,

che a sua volta rappresenta la fase finale del gigantesco processo

di privatizzazione del sistema delle partecipazioni statali

intrapreso dal 1992 in poi.

Quest'ultimo ha riguardato «il sistema bancario ed altre

grandi attività imprenditoriali, come la siderurgia, l'alimentare, la

grande distribuzione e la ristorazione, l'alluminio, il cemento, il

vetro, le costruzioni, le telecomunicazioni, l'editoria e la

pubblicità, la gestione delle infrastrutture ed altro ancora: ...i

grandi monopoli, o semi-monopoli pubblici che offrono servizi ai

cittadini: le telecomunicazioni, la gestione del sistema

autostradale, aeroportuale, portuale ed altro.

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Sono state così trasferite ai privati le grandi rendite

precedentemente gestite dal pubblico». Praticamente nessuno ha

venduto più di noi: l'Italia è al secondo posto nel mondo, dopo il

Regno Unito e prima di Francia, Germania e Spagna. E abbiamo

venduto per l'enorme controvalore di circa 205 miliardi di euro, ai

valori correnti. Nel 2001 il ministro del Tesoro Vincenzo Visco

poteva introdurre il Libro Bianco delle Privatizzazioni scrivendo

che «la legislatura si conclude con la pressoché totale



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