Racconti by Anton Cechov

Racconti by Anton Cechov

autore:Anton Cechov [Cechov, Anton]
La lingua: ita
Format: epub
Tags: archivio ladri di biblioteche
editore: Bur
pubblicato: 2009-12-31T23:00:00+00:00


IV

Il vicino di sinistra di Ivàn Dmitrič, come ho già detto, è l’ebreo Mojséjka, il vicino di destra invece un contadino affogato nel grasso, quasi tondo, con una faccia ottusa, del tutto priva d’intelligenza. È un inerte, vorace e sudicio animale, che ormai da un pezzo ha perduto la capacità di pensare e di sentire. Da lui emana continuamente un lezzo acuto, asfissiante.

Nikita, che porta via le sue sporcizie, lo picchia terribilmente, con tutto lo slancio del braccio, senza risparmiare i propri pugni; e il terribile qui non è che lo si batta – a questo ci si può abituare – ma che questo animale istupidito non risponda alle busse né con un suono, né con un movimento, né con una qualche espressione degli occhi, e oscilli solo un tantino, come un pesante barile.

Il quinto e ultimo abitatore del reparto n. 6 è un borghese che un tempo prestò servizio come ripartitore alla posta, un biondo piccolo, magro con un viso buono, ma un po’ scaltro. A giudicare dagli occhi intelligenti, calmi, che hanno uno sguardo limpido e allegro, ha la testa a posto e possiede un qualche segreto molto importante e piacevole. Tiene sotto il guanciale e sotto la materassa qualcosa che non fa vedere a nessuno, non per tema però che gliela possano togliere o rubare, ma per modestia. A volte si accosta alla finestra e, voltato il dorso ai compagni, si attacca sul petto una cosa e la guarda a testa china; se in questo momento gli si va vicino, si strappa qualcosa dal petto. Ma indovinare il suo segreto non è difficile.

«Fatemi le congratulazioni,» dice spesso a Ivàn Dmitrič, «sono stato proposto per la croce di San Stanislao di seconda classe con la stella. La seconda classe con la stella la dànno solo agli stranieri, ma per me, non so perché, vogliono fare un’eccezione,» dice sorridendo, e si stringe perplesso nelle spalle. «Ecco, questa, lo confesso, non me l’aspettavo!»

«Io non ci capisco nulla» dichiara arcigno Ivàn Dmitrič.

«Ma sapete che cosa otterrò presto o tardi?» continua l’ex ripartitore, strizzando scaltramente gli occhi. «Di sicuro riceverò la “Stella Polare” svedese. È un ordine tale che val la pena di brigare. Croce bianca e nastro nero. È una cosa bellissima.»

Probabilmente in nessun altro luogo la vita è così monotona come nel padiglione. La mattina i malati, tranne il paralitico e il contadino grasso, si lavano nel vestibolo in un gran mastello e si asciugano con le falde delle gabbanelle; dopo di che bevono in boccali di stagno il tè che porta Nikita dall’edificio principale. A ciascuno è assegnato un boccale. A mezzogiorno mangiano minestra di cavolo agro e kascia, la sera cenano con la kascia rimasta dal pranzo. Negli intervalli stanno sdraiati, dormono, guardano dalle finestre e vanno da un angolo all’altro. E così ogni giorno. Perfino l’ex ripartitore parla sempre delle stesse decorazioni.

Gente nuova se ne vede di rado nel reparto n. 6. Da molto tempo ormai il dottore non accoglie nuovi matti, e di persone che amino visitare i manicomi ce n’è poca a questo mondo.



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