Slumberland by Paul Beatty

Slumberland by Paul Beatty

autore:Paul Beatty [Beatty, Paul]
La lingua: ita
Format: epub
Tags: Fiction, General, Literary, Satire
ISBN: 9788893251693
Google: v9nBDQAAQBAJ
editore: Fazi Editore
pubblicato: 2017-02-28T23:00:00+00:00


III

La Germania cambiò. Dopo la caduta del Muro mi ricordava il periodo della storia americana noto come Ricostruzione, completo di collaborazionisti, profittatori, linciaggi e sventurati linciati. Il paese presentava tutti i tratti caratteristici dell’Unione dopo il 1865, tranne i senatori negri e un burro di arachidi decente. Bastava accendere la televisione, ed ecco gli spettacoli di varietà in cui Schauspieler in smoking mascherati da negri mettevano in scena Showboat e fischiettavano letteralmente Dixie. C’erano i lamentosi inevitabili editoriali che avvertivano il pubblico che l’assimilazione era un sogno, e che i tedeschi dell’Est, con la loro innata pigrizia e infingardaggine, non sarebbero mai diventati cittadini efficienti. C’erano i tedeschi dell’Est che si facevano passare per tedeschi dell’Ovest, nascondendo il loro accento e il modo di vestire dietro un falso stoicismo bavarese e un berretto di lana, e stavano bene attenti, tutte le volte che qualcuno pronunciava le parole “Helmut Kohl”, a replicare con “Ciccione bastardo”. Addirittura non era insolito vedere la bandiera Confederata riprodotta sugli adesivi attaccati ai paraurti o sventolante con orgoglio dalle antenne delle autoradio. Le stelle e strisce erano un surrogato razzista della svastica, illegale, anche se quando interrogavi qualcuno in proposito ti rispondeva che si trattava di un omaggio alla musica rockabilly, e in particolare a Carl Perkins.

La mia patria adottiva era ancora un paese introspettivo, ma quella era una nuova era: invece di contemplarsi l’ombelico, il paese si fissava le grosse, storiche palle pelose. C’era un’autentica sensazione di gioia e realizzazione. Questa volta avremmo fatto le cose per bene. Parlo al plurale perché per un attimo stavo cominciando a sentirmi tedesco. Pur non essendo naturalizzato (non si sente mai parlare di un nero che viene “naturalizzato”: questa vergognosa caduta dallo stato di grazia è riservata ai bianchi), perlomeno ero diventato teutonico per un giorno: un giorno speciale. Se riuscite a trovare qualche sequenza filmata della Loveparade inaugurale, ci sono io con una zazzera rosa di capelli afro sparati in fuori, e addosso solo un paio di calzoni di cuoio nero e scarpe da tennis a zatterone con la suola alta venti centimetri, mentre bevo vodka alla pesca, mostro il mio lucido culo nero e guido il mio gruppo di selvaggi aborigeni bianchi lungo il Ku’damm come un Kurtz arrostito dal sole in un universo parallelo.

Come il Congo belga di Conrad, la Germania nei primi giorni della riunificazione era una terra dove la luce era tenebra, e la tenebra era ancora più tenebrosa. Come tributo a quella situazione confusa e continuamente mutevole avevo preso l’abitudine di iniziare le mie esibizioni con Teenage Kicks, il successo degli Undertones. Il gruppo si era sciolto quando pareva all’apice del successo, e una volta avevo letto sulla stampa specializzata una dichiarazione di Feargal Sharkey, il cantante: «Gli ultimi due anni negli Undertones sono stati difficili per tutti. In genere le nostre conversazioni si sforzavano di limitarsi a frasi come “Puoi alzarlo un po’?”, oppure “Puoi abbassarlo un po’?”». Quell’affermazione riassumeva perfettamente il mio stato d’animo di quell’epoca nei riguardi del resto del mondo.



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