Splendori e Miserie delle Cortigiane by Honoré de Balzac

Splendori e Miserie delle Cortigiane by Honoré de Balzac

autore:Honoré de Balzac [Balzac, Honoré de]
La lingua: ita
Format: epub
pubblicato: 2012-04-19T09:33:58+00:00


«Vieni presto, stasera, e fatti bella…»

Alle cinque pomeridiane Esther si abbigliò come una sposa. Indossò la veste di pizzo su una sottoveste di raso bianco: la cintura era bianca, le scarpe di raso bianco, e sulle belle spalle ella mise una sciarpa ricamata a punto d’Inghilterra. In testa, camelie bianche naturali le creavano un’acconciatura da giovane vergine. Sul seno spiccava una collana di perle da trentamila franchi, dono del barone.

Quantunque ella fosse pronta alle sei, proibì a Europa di far entrare chicchessia, fosse pure Nucingen. Europa sapeva che Lucien doveva essere introdotto in camera da letto. E quando egli arrivò, verso le sette, la cameriera trovò modo di farlo entrare dalla signora senza che nessuno se ne accorgesse.

Vedendo Esther, Lucien pensò: «Perché non andare a vivere con lei a Rubempré, lontano dal mondo, e non tornare più a Parigi?… Ho una caparra di cinque anni su questa vita, e la cara creatura ha una tempra tale da non smentirsi mai! E poi dove troverei un simile capolavoro?…»

«Amico mio, voi, del quale io ho fatto il mio dio, beneditemi…» disse Esther, piegando un Page 169

ginocchio su un cuscino, davanti a Lucien.

Questi tentò di rialzarla e di abbracciarla dicendole: «Ma che scherzo è questo, mio caro amore?» Ma quando la prese per la vita ella si divincolò con un gesto che rivelava rispetto e insieme orrore.

«Non sono più degna di te, Lucien,» disse, mentre le lagrime le rigavano il volto. «Te ne supplico, benedicimi e giurami di donare all’Hôtel-Dieu due letti perpetui… Poiché per le preghiere fatte in chiesa, il Signore Iddio non mi perdonerà mai, se non prego io personalmente… Ti ho troppo amato, amico mio.

Infine dimmi che ti ho reso felice, e che penserai qualche volta a me… Dimmelo!»

C’era tanta e tale buonafede nelle parole di Esther, che Lucien rimase assorto.

«Tu vuoi ucciderti!» egli disse poi, in un tono che rivelava una profonda meditazione.

«No, amico mio, ma oggi, vedi, è la morte della donna pura, casta, amante, che tu hai posseduto… E appunto ho paura che il dolore mi uccida…»

«Povera bambina! Aspetta…» disse Lucien. «Negli ultimi due giorni ho compiuto molti sforzi, e sono riuscito a raggiungere Clotilde.»

«Sempre Clotilde! …» disse Esther, con rabbia concentrata.

«Sì, ci siamo scritti…» riprese Lucien. «Ella parte martedì mattina, ma io avrò un colloquio con lei sulla strada d’Italia, a Fontainebleau…»

«Ah! voi uomini volete per mogli delle assi piallate, eh?…» gridò la povera Esther. «Via, se io avessi sette od otto milioni, non mi sposeresti?»

«Bambina! Stavo per dirti che se tutto è finito per me, non voglio altra moglie che te…»

Esther chinò il capo perché Lucien non vedesse il suo subitaneo pallore e le sue lagrime, che asciugò furtivamente. Poi ella guardò l’amato con profondo dolore, e disse:

«Tu mi ami?… Ebbene, questa è la mia benedizione. Non comprometterti, va’ via passando dalla porticina segreta e fa’ come se tu arrivassi in salotto dall’anticamera. Baciami in fronte», ed ella si strinse al cuore Lucien, rabbiosamente, mormorando: «Va’ via!… Va’ via.., altrimenti, vivrò!»

Quando la moritura apparve in salotto esplose un grido di ammirazione.



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