Terra bruciata by Jonathan Crary

Terra bruciata by Jonathan Crary

autore:Jonathan Crary [Crary, Jonathan]
La lingua: eng
Format: epub
editore: Meltemi
pubblicato: 2023-05-19T08:37:23+00:00


Capitolo terzo

Nella nostra società in progressiva disintegrazione, la sfera pubblica e la sfera intima si atrofizzano contemporaneamente.

Alexander Kluge

Mano a mano che il complesso di internet si espande e si concentra, un numero sempre maggiore di aspetti delle nostre vite è progressivamente incanalato entro i protocolli delle reti digitali. Un processo che è disastroso poiché l’amicizia, l’amore, la comunità, la compassione, il libero gioco del desiderio o la condivisione di sofferenza e incertezze sono irrimediabilmente incompatibili con le operazioni online. Molte di queste cose scompaiono o vengono riproposte in forme simulate svuotate, prosciugate della loro singolarità e ineffabilità, permeate di assenza e superficialità. In internet non esistono gioia o tristezza, bellezza o esuberanza. Vi si possono trovare i poemi, ma nessuna poesia. Come possiamo valutare appieno le conseguenze di un così drastico confinamento della ricchezza e illimitatezza delle potenzialità umane all’interno della desolazione e monotonia dei sistemi digitali? La follia e la violenza di questa dissonanza è evidente ovunque si posi gli occhi, ma è al contempo oscurata dall’illusoria convinzione dell’inevitabilità del fatto che le nostre vite debbano essere vissute online, dove invece le nostre speranze e le nostre energie creative vanno inesorabilmente sprecate.

In questo senso, il complesso di internet si pone in totale continuità col modo in cui il capitalismo ha da sempre preteso di incanalare le energie e le emozioni umane entro schemi modellati dai requisiti economici e disciplinari. Herbert Marcuse ci ha offerto un’importante descrizione di tale processo: “Alla base dell’organizzazione dell’esistenza umana nella società, stanno bisogni e desideri libidici fondamentali; estremamente plastici e duttili, essi […] sono coordinati agli interessi del dominio, e diventano una forza stabilizzatrice che lega la maggioranza alla minoranza che la governa”88.

La repressione, ha scritto, poteva diventare così efficace da prendere la forma illusoria della libertà e dell’indipendenza, e uno degli esempi che riportava era la sottomissione volontaria di massa agli “intrattenimenti” dell’industria culturale. Marcuse ci ha spiegato come il “principio della performance” abbia indotto le persone a svolgere volontariamente forme di lavoro prestabilite o funzioni economicamente necessarie in luogo del perseguimento dei propri desideri o istinti. Centrale nella sua opera era la tesi che il capitalismo amministra la società attraverso una fusione di tecnologia e soggiogamento, di razionalità e coercizione. “La tecnologia fornisce inoltre una razionalizzazione egregia della non-libertà dell’uomo, e dimostra l’impossibilità ‘tecnica’ di essere autonomi, di decidere personalmente della propria vita”89. Al tempo stesso egli spiegava come lo sfruttamento capitalista della natura stesse danneggiando le facoltà umane della sensualità, essenziali all’immaginazione e alla creazione di ambienti sociali non oppressivi.

Negli anni Ottanta, i postmodernisti di vario orientamento liquidarono l’opera di Marcuse come sorpassata: la sua concezione del potere come repressivo appariva eretica a tutta la nuova infornata di accademici foucaultiani, mentre agli occhi di altri egli non riusciva a riconoscere le possibilità “ludiche” e creative della tecnologia. Dopo il 1991, peraltro, che importanza avrebbe mai avuto tutto ciò, visto che il capitalismo era destinato a restare per sempre? A dispetto di tali critiche, Marcuse ci consente di osservare alcune delle continuità



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