Umiliati e offesi by Fedor Dostoevski

Umiliati e offesi by Fedor Dostoevski

autore:Fedor Dostoevski [Dostoevski, Fedor]
La lingua: ita
Format: epub
pubblicato: 2012-04-19T09:34:57+00:00


PARTE QUARTA

CAPITOLO 1

Non mi soffermerň a descrivere l’ira che avevo in me. Sebbene sapessi fin da prima di potermi aspettare qualunque cosa da parte del principe, ero, nondimeno, rimasto sbalordito, come se tutta la sua mostruositŕ mi fosse apparsa in modo assolutamente inatteso. Ricordo perň, che le mie impressioni erano vaghe; era come se fossi schiacciato da un gran peso, colpito nell’anima, e una nera angoscia invadeva sempre piů il mio cuore: temevo per Natascia. Presentivo per lei un calvario doloroso nell’avvenire e cercavo confusamente un mezzo per evitare quelle sofferenze, per alleggerirle i penosi momenti dello scioglimento definitivo di quella faccenda. Su ciň non poteva esserci alcun dubbio; lo scioglimento si avvicinava e non era difficile prevedere quale sarebbe stato.

Non mi accorsi nemmeno di come fossi arrivato a casa, sebbene la pioggia avesse continuato a bagnarmi per tutta la strada. Erano circa le tre. Non appena ebbi bussato alla porta del mio appartamento, udii un gemito, dopo di che la porta si aprě subito, come se Nelly non fosse nemmeno andata a letto, ma mi avesse aspettato fino allora dietro di essa. La candela ardeva. Guardai il viso di Nelly e mi spaventai: era tutta cambiata, gli occhi le brillavano di febbre; aveva uno sguardo selvaggio; mi fissava quasi senza riconoscermi.

Aveva la febbre alta.

- Nelly, che hai? Sei malata? - le domandai chinandomi su di lei ed abbracciandola.

Si strinse a me tutta palpitante, come se temesse qualche cosa, e cominciň a parlare in fretta, con voce spezzata; pareva che mi avesse aspettato appunto per raccontarmi ogni cosa al piů presto, ma le sue parole erano sconnesse e strane; non capii nulla; aveva il delirio. La condussi subito verso il letto, ma lei continuava ad aggrapparsi e a stringersi fortemente a me, piena di spavento, come implorandomi di difenderla da qualcuno; e ancora dopo che l’ebbi sdraiata sul letto, mi afferrava ogni momento per la mano e non la lasciava, per timore che me ne tornassi via di nuovo. Ero talmente scosso e avevo i nervi cosě agitati, che, a vederla cosě, mi misi persino a piangere. Anch’io non mi sentivo punto bene. Avendo notato le mie lacrime, essa mi fissň a lungo con febbrile attenzione, cercando di capire, di rendersi conto di quanto accadeva. Si vedeva che ciň le costava un grande sforzo.

Infine, le passň sul viso come l’ombra di un pensiero; di solito, dopo un accesso di epilessia, per un certo tempo, non riusciva a ordinare i suoi pensieri e a pronunciare distintamente le parole. Cosě successe anche quella volta: dopo aver fatto su se stessa un immenso sforzo per riuscire a pronunciare qualche cosa, e vedendo che non riuscivo a capirla, tese la manina e cominciň ad asciugarmi le lacrime; poi mi buttň le braccia al collo, mi attirň a sé e mi baciň.

Era chiaro che, durante la mia assenza, era stata colta da un attacco del mal caduco, e proprio mentre stava dietro la porta d’entrata.

Tornata poi in sé, era, perň, rimasta evidentemente a lungo senza riprendere perfetta conoscenza.



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