Virginia Agnelli by Marina Ripa di Meana & Gabriella Mecucci

Virginia Agnelli by Marina Ripa di Meana & Gabriella Mecucci

autore:Marina Ripa di Meana & Gabriella Mecucci [Meana, Marina Ripa di & Mecucci, Gabriella]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Minerva Edizioni
pubblicato: 0101-01-01T00:00:00+00:00


CAPITOLO SETTIMO

LA FINE DELLE ILLUSIONI

Gianni Agnelli ha diciotto anni e si è appena iscritto all’Università di Torino, facoltà di Giurisprudenza. “Voglio imparare e sapere”1, dice la matricola con piglio un po’ salesiano e un po’ piemontese, che poi è forse quasi la stessa cosa. E il senatore Agnelli, il nonno, che appena fonda la Fiat nei primi anni del secolo va negli Stati Uniti, a Detroit, a incontrare Henry Ford e a studiarne la magica formula della catena di montaggio industriale nella produzione dell’automobile, e che per altre due volte nel 1933 e ’35 torna negli Stati Uniti in perlustrazione, in sintonia con quel miracolo, prepara il “viaggio d’istruzione” del nipote, erede in pectore, affiancandogli il cugino Giovanni Nasi.

Una volta, dal viaggio in America il Senatore tornò con un magone. Per la verità il magone lo aspettava in patria2. Partiamo da un dipinto ad olio.

Una grande tela del pittore Lorenzo Delleani, che oggi fa bella mostra di sé al Centro Storico della Fiat, celebra la fondazione dell’azienda. Il quadro rappresenta un salotto di palazzo Bricherasio, al numero 1 di via Lagrange, a Torino. È l’11 luglio 1899. Intorno a un tavolo, nove personaggi (tre dei quali di nobili natali) in colletto bianco inamidato. Presiede la riunione il padrone di casa, conte Emanuele Bricherasio di Cacherano, in panciotto di seta e baffi a punta. I soci sono: il marchese Alfonso Ferrero di Ventimiglia, il conte Roberto Biscaretti di Ruffia, il banchiere Michele Ceriana-Mayneri, Luigi Damevino (agente di cambio), tre legali, Cesare Goria Gatti, Carlo Racca, Ludovico Scarfiotti e Giovanni Agnelli (gli ultimi due, proprietari terrieri ed ex ufficiali di cavalleria). Vengono ripartite le cariche: la presidenza, a sorpresa, va a Scarfiotti, la vice presidenza a Bricherasio, mentre al più giovane, Giovanni Agnelli, tocca l’incarico di segretario del Consiglio di amministrazione, con il compito di redigere i verbali delle sedute. Capitale della società: 800 mila lire, cioè 4000 azioni al prezzo nominale di 200 lire. Nome dell’impresa: Fabbrica Italiana Automobili Torino. Solo Bricherasio ha qualche perplessità: teme che quel nome, Fiat, abbia un sapore troppo “biblico”.

La carica iniziale di Giovanni Agnelli all’interno della società è quindi molto defilata. Eppure non passerà molto tempo prima che il trentacinquenne ex proprietario terriero, ex industriale del baco da seta, che molti continuavano a considerare un provinciale che aveva avuto la fortuna di entrare in società con personaggi aristocratici e più in vista di lui, prenda in pugno la situazione.

Nel 1904 la Fiat viene quotata in Borsa. Il nuovo titolo Fiat del valore nominale di 25 lire, a soli tre mesi dall’emissione è già quotato 425 lire.

L’8 marzo del 1906 Agnelli presiede un’assemblea straordinaria, in cui annuncia utili mirabolanti e una distribuzione di dividendi di 50 lire per azione. Poi, con un vero coup de théâtre, annuncia la liquidazione della vecchia Fiat e la sua immediata ricostituzione con un capitale di 9 milioni, cioè 90 mila azioni del valore nominale di 100 lire l’una. In questo rapido processo di morte e resurrezione dell’azienda, avviene un’indebita moltiplicazione delle azioni Fiat.



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