Yoshe Kalb by Israël Joshua Singer

Yoshe Kalb by Israël Joshua Singer

autore:Israël Joshua Singer
La lingua: ita
Format: azw3, epub
Tags: General, Fiction
ISBN: 9788835927297
editore: Editori Riuniti
pubblicato: 1984-12-14T23:00:00+00:00


1. Nell’originale yiddish: Kalb, che significa «vitello» e per estensione «tonto, scemo». Da qui il nomignolo Yoshe Kalb che dà il titolo al libro.

14

La mattina dopo la fine della fiera, i mendicanti presero d’assalto la città.

Come sempre, i capifamiglia distribuivano prutot, ma i mendicanti non ne vollero sapere. La fiera era stata eccezionalmente proficua, i mendicanti lo sapevano, e non intendevano accettare né prutot né zucchero né tozzi di pane. Li gettavano via con un gesto di rabbia.

«Vi ci potete strozzare voi, con questi! Vogliamo soldi!».

I capifamiglia bofonchiavano, e tiravano fuori i groschen. I ricchi arrivavano perfino a dare copechi.

Un mendicante prese tutte le prutot che gli venivano offerte; era lo straniero, l’ospite dello scaccino.

La sera andò dal gabbai, il responsabile dei serivizi della comunità, per scambiare le sue striscioline di carta con moneta sonante.

Il gabbai, un uomo asmatico con un gran pancione, gli domandò:

«Quanti ne hai?».

«Non li ho contati».

«Perché non ti sei fatto dare monete?».

«Ho preso quel che mi davano».

Il gabbai scrollò le spalle. «Che tonto, santo cielo!». Lentamente si mise a contare le sudicie striscioline di carta. S’inumidiva il pollice, e le rivoltava per esaminare le lettere ebraiche stampigliate: «Una prutah della santa congregazione di Bialogura». Sospirava ogni volta che portava il pollice alle labbra.

Il mendicante non contò il denaro che ricevette in cambio. Si limitò a raccogliere il mucchietto di monete e se le cacciò in tasca. Poi si voltò, baciò la mezuzah sullo stipite della porta, e se ne andò.

Lo scaccino lo stava aspettando.

«Quanto hai fatto?» gli domandò in tono severo.

«Non lo so. È qui in tasca».

«Fa’ vedere».

Lo straniero tirò fuori le monete, più che altro pezzi da tre Groschen, e le consegnò allo scaccino. Questi le contò alla luce della lanterna e le intascò. Lo straniero non disse nulla. Strinse la corda intorno al suo caffettano cencioso, e si girò per andarsene.

«Yoshe! Dove vai?».

«Nel mondo».

«Di notte! Non hai paura dei pericoli?».

«Dappertutto ci sono pericoli».

«Dio mio, Yoshe, sei proprio tonto! Vieni! Andiamo alla sinagoga».

Lo straniero lo seguì. Alla sinagoga, lo scaccino gli consegnò una scopa e gli ordinò di spazzare intorno alla stufa. Quando ebbe finito, gli ordinò di andare a prendere della legna in cortile, e di riattizzare la stufa. Frattanto lui se ne stava a sedere, e lo guardava con aria soddisfatta. A tarda sera riportò il giovane a casa sua, gli diede da mangiare, e gli disse di mettersi a dormire sopra la stufa.

Lo straniero rimase a Bialogura come servitore alla sinagoga, aiutante di Reb Kanah, lo scaccino.

Per il lavoro che faceva, non era esattamente l’aiutante, ma lo scaccino vero e proprio. Lavorava dal mattino presto fino a tarda sera. All’alba era già in piedi per accendere la stufa nella sinagoga; occorreva rimpinguare continuamente la riserva di legna, e andare a prendere acqua al pozzo, un secchio dopo l’altro, per riempire i barili. Spazzava tutto il pavimento della grande sinagoga, raccoglieva con cura i fogli dei libri santi e li portava in solaio. Puliva i tubi delle lampade che venivano accese la sera per lo studio e la preghiera.



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