Prima lezione di archeologia medievale by Andrea Augenti
autore:Andrea Augenti
La lingua: ita
Format: epub
Tags: Universale Laterza
editore: Editori Laterza
pubblicato: 2020-07-15T00:00:00+00:00
3.
Archeologia dell’architettura,
archeologia dei monumenti
1. Archeologia dell’architettura: perché nasce una disciplina
A Roma: il Colosseo, ovviamente. E poi il Pantheon, il Teatro di Marcello, i templi del Foro Boario. E ancora, fuori Roma: l’Arena di Verona, l’Arco di Augusto a Rimini e quello di Traiano a Benevento... Solo per fare alcuni esempi. Ma quanti sono i monumenti e gli edifici romani sopravvissuti in elevato fino ai nostri giorni in Italia? Non pochi, d’accordo. Nessuno li ha mai contati tutti, ma direi alcune decine, forse poche centinaia. E i monumenti medievali? Non c’è paragone, e di certo non si possono elencare uno per uno: palazzi, cattedrali, pievi, parrocchie, castelli, torri, mura urbane, monasteri, case... Qui parliamo in termini di migliaia di elementi, senza alcun dubbio. Il confronto è schiacciante: il Medioevo costruito vanta una percentuale di sopravvivenza altissima, a distanza di secoli. Non sorprende, quindi, che gli archeologi medievisti abbiano cercato fin da molto presto di attrezzarsi per affrontare questa enorme mole di dati, decodificarla e comprenderla in base ai loro metodi. È nata così, l’archeologia dell’architettura.
Gli scopi principali dell’archeologia dell’architettura sono due: da un lato, accrescere le conoscenze nel campo dell’industria edilizia e delle sue tecniche; dall’altro, rendere possibile la salvaguardia e un restauro “intelligente” dei singoli monumenti. Alla base di questo secondo punto c’è una considerazione di carattere generale, già compresa nel corso del XIX secolo: difficilmente un monumento che giunge in piedi fino ai nostri giorni si trova nelle condizioni originarie. Secoli di storia, di crolli e risarcimenti, di interventi di manutenzione, restauri e ristrutturazioni, lo avranno modificato, più o meno sensibilmente. Il monumento come lo vediamo oggi è perciò la somma di tutti quegli interventi: un vero e proprio palinsesto, che porta su di sé, ben visibili, le tracce di una lunga vicenda costruttiva.
Nel passato, alcuni architetti hanno optato per una scelta drastica: qualora un edificio dovesse essere restaurato, si sceglieva una fase giudicata più importante (poteva essere la più antica, o quella legata al periodo di maggior splendore del luogo e del complesso), e il restauro riconduceva tutto il monumento a quella fase (è quanto teorizzato da Eugène Emmanuel Viollet-le-Duc [1814-1879] al culmine della sua carriera di architetto-restauratore). In questo modo si attuava una selezione nei confronti del passato, e l’edificio veniva praticamente bloccato in un fermo-immagine: ma chi ci dà il diritto di stabilire il momento “migliore” al quale ridurre un monumento che invece, come un archivio, contiene nelle sue strutture molte informazioni su secoli di storia? E come si seleziona, questo momento “migliore”, se non in modo arbitrario, e a scapito di tutti gli altri? Oggi la pensiamo diversamente: ogni fase attraversata da un edificio ha la sua importanza storica, e l’archeologia dell’architettura è la disciplina che permette di indagare e comprendere tutte le trasformazioni di un monumento, dalle sue origini fino ad ora. Grazie ad essa è possibile ricostruirne una storia completa, senza esclusione di alcuna fase; e indirizzare il restauro in modo che permetta di visualizzare le varie fasi, senza azzerarle per raggiungere una
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