Antropologia dei disastri by Gianluca Ligi

Antropologia dei disastri by Gianluca Ligi

autore:Gianluca Ligi [Ligi, G.]
La lingua: ita
Format: epub
Tags: eBook Laterza
editore: Editori Laterza
pubblicato: 2009-01-14T23:00:00+00:00


4. Disastri e mutamento sociale

William Torry ha studiato le strategie governative di distribuzione del cibo nelle emergenze dovute a siccità in India, proponendo di differenziare l’analisi etnografica in base ai problemi specifici di gruppi diversi secondo criteri che tengano conto dell’età, del genere, del senso di appartenenza etnica, della organizzazione tradizionale delle comunità, e così via (Torry 1986). In molte parti del mondo, i governi coloniali e i loro successori hanno attuato politiche rispondenti a pressioni e forze non indigene, hanno imposto sistemi di produzione, riorganizzato insediamenti urbani e rurali, realizzato massicci interventi di trasformazione dell’ambiente (miniere, centrali idroelettriche, silvicoltura, imprese industriali ecc.), limitando sovente la mobilità della popolazione e apportando drastiche alterazioni a quel corpus di saperi ecologici nativi che per secoli aveva assicurato agli indigeni un controllo sui pericoli ambientali. Sulla base di un’estesa etnografia in Bangladesh, Mohammad Q. Zaman, ad esempio, ha messo in dubbio l’efficacia dei costosissimi sforzi ingegneristici – su larga scala – per il controllo delle inondazioni, raccomandando al contrario un programma di ricerca che sappia valorizzare, ed eventualmente potenziare (anche con mezzi e tecniche occidentali), le tecniche di controllo locali, basate sul modo di vita indigeno di convivere con le piene (Zaman 1989, 1991). Analogamente, Oliver-Smith, con una pluriennale attività di ricerca storico-archeologica e antropologica in Perù, ha mostrato che gli adattamenti generali e specifici delle culture andine precolombiane al loro ambiente sottoposto a forti rischi (un tipico hazard-prone environment) erano ragionevolmente efficaci. Mentre l’alta mortalità prodotta dal terremoto nel Perù settentrionale, del 31 maggio 1970 (7,7 gradi Richter, con 66.794 morti), può essere messa in correlazione con i cambiamenti indotti dagli spagnoli nella modificazione dei materiali da costruzione per le case, nel disegno urbanistico delle città, nei modelli di insediamento, che nel lungo periodo hanno gradualmente determinato una condizione di forte vulnerabilità, fisicamente e socialmente prodotta (Oliver-Smith 1994, 1999). In Amazzonia la promozione governativa di schemi organizzativi basati su piccoli produttori ha favorito una strategia di sopravvivenza di corto periodo, che a sua volta ha contribuito all’erosione dei suoli e alla definitiva perdita degli interessi nel ranching su larga scala del territorio (Schmink 1982).

Da tutti questi esempi, appare dunque essenziale e imprescindibile stabilire delle connessioni tematiche fra gli obiettivi dell’antropologia dei disastri e l’analisi antropologica dei fenomeni di mutamento sociale, proprio come fu suggerito da Samuel Henry Prince, nel suo pionieristico contributo del 1920, Catastrophe and Social Change. Però il tema del mutamento non dovrebbe essere affrontato soltanto dal punto di vista della catastrofe, che già di per sé è uno straordinario agente (naturale e/o tecnologico) di trasformazione sociale, ma anche da quello che applica all’analisi sociale un approccio essenzialmente dinamista, considerando il flusso, il mutamento, il conflitto non come una patologia, ma come la dinamica fisiologica normale delle società, che fluidamente e contraddittoriamente sfuggono alla rigida modellizzazione normativa che ne dava l’etnologia tradizionale, essendo aperte ed esposte a continue forme di contatto interculturale. Come vedremo, è quindi ingenua ed errata in più sensi la visione dicotomica stretta che contrappone la società



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