Cannibali e re. Le origini delle culture by Marvin Harris
autore:Marvin Harris
La lingua: ita
Format: mobi, epub
pubblicato: 2014-01-25T23:00:00+00:00
CAPITOLO NONO
Il regno dei cannibali
Addestrati a comportarsi come macellai sui campi di battaglia, Cortés e i suoi uomini, quando giunsero in Messico nel 1519 provenienti dal paese dell'Inquisizione, erano abituati ad assistere a spettacoli di crudeltà e spargimento di sangue. Non avrebbero dovuto meravigliarsi troppo. del fatto che gli aztechi sacrificassero metodicamente degli esseri umani, quando gli spagnoli ed altri popoli europei rompevano altrettanto metodicamente le ossa dei torturati alla ruota, strappavano braccia e gambe di persone legate a cavalli che facevano il tiro alla fune e mandavano al rogo donne accusate di stregoneria. Cionondimeno, non erano assolutamente preparati a quel che scoprirono in Messico.
In nessun altro luogo al mondo si sviluppò una religione di Stato dove arte, architettura e liturgia erano così totalmente dominate dalla violenza, dal decadimento, dalla morte e dalla malattia. In nessun altro luogo vi erano pareti e piazze di grandi templi e palazzi riservate all'esposizione di una gran quantità di mascelle, denti, unghie, ossa e teste di morti a bocca aperta. Le testimonianze di Cortés e del suo compagno di conquista, Bernal Diaz, non lasciano dubbi sul significato ecclesiastico dei volti terrificanti scolpiti nella pietra. Le divinità azteche mangiavano le persone. Ne divoravano il cuore e ne bevevano il sangue. La funzione dichiarata del clero azteca era quella di fornire cuori e sangue umani freschi, per evitare che questi implacabili dei si incollerissero e dispensassero malattie e siccità e incendiassero il mondo intero.
Gli spagnoli gettarono per la prima volta uno sguardo all'interno di uno dei maggiori templi aztechi come ospiti di Moctezuma, l'ultimo dei re aztechi. Moctezuma non aveva ancora intuito le intenzioni di Cortés, errore che poco dopo gli si rivelò fatale quando invitò gli spagnoli a salire i 114 scalini dei templi gemelli di Uitzilopochtli e Tlaloc, situati in cima alla più alta piramide di Tenochtitlàn, al centro di quella che è oggi Città del Messico.
Mentre salivano quei gradini, scrisse Bernal Diaz, videro altri templi e santuari "tutti di un bianco splendente". Nello spazio aperto in cima alla piramide "c'erano le grandi pietre su cui essi ponevano i poveri indiani da sacrificare". Vi erano inoltre "una grande immagine, somigliante a un drago, e altre figure dall'aspetto malvagio, e corse molto sangue quel giorno". Poi Moctezuma mostrò loro l'immagine di Uitzilopochtli, con la sua "enorme faccia e i suoi occhi mostruosi e terribili" dinanzi alla quale "stavano bruciando i cuori di tre indiani sacrificati quello stesso giorno". Le pareti e il. pavimento del tempio "erano talmente macchiati e incrostati di sangue da apparire neri" e «vi era ovunque un lezzo insopportabile". Anche nel tempio di Tlaloc tutto era coperto di sangue, "sia le pareti che l'altare, e vi era un tal lezzo che non vedevamo l'ora di uscirne".
La principale fonte di cibo per gli dei aztechi erano i prigionieri di guerra, i quali venivano avviati lungo i gradini delle piramidi verso 1 templi, dove quattro preti li afferravano, stendendoli sopra l'altare di pietra, e un quinto prete, che impugnava un coltello di ossidiana, li squartava trasversalmente lungo il petto.
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