Comunque anche Leopardi diceva le parolacce. by Giuseppe Antonelli

Comunque anche Leopardi diceva le parolacce. by Giuseppe Antonelli

autore:Giuseppe Antonelli [Antonelli, Giuseppe]
La lingua: ita
Format: epub
ISBN: 9788804634768
editore: Mondadori
pubblicato: 2014-09-22T22:00:00+00:00


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Con rispetto parlando, i piedi

Qualche tempo fa, nella sua pagina facebook, una professoressa raccontava il ripasso di analisi logica fatto in classe. Frase: La torta è stata fatta dalla nonna. Domanda: «Che complemento è “dalla nonna”?». Risposta: «Quello del poliziotto». «Quale poliziotto?». «Ma sì, quello là: agente, carabiniere, poliziotto, è uguale...».

Può capitare a tutti di non riconoscere un complemento. Anzi, viene da chiedersi perché la grammatica a scuola finisca spesso col ridursi a una pura tassonomia: una serie di nomi e di categorie che nella loro astrazione non sembrano avere (e in molti casi non hanno) una ricaduta reale sulla capacità di esprimersi adeguatamente in italiano. Quando invece la grammatica non è solo un insieme di regole astratte: è uno strumento dinamico, decisivo per l’appartenenza a una comunità e per la costruzione di una cittadinanza consapevole. «La fortuna di un popolo dipende dallo stato della sua grammatica», affermava il grande scrittore portoghese Fernando Pessoa: «non esiste grande nazione senza proprietà di linguaggio».

È evidente che – oggi più che mai – chi non possiede strumenti linguistici adeguati rimane un individuo a cittadinanza limitata. Non a caso, nei documenti programmatici del progetto OCSE sulla cosiddetta literacy, la competenza di lettura è definita come la capacità di interagire con l’informazione scritta per poter sviluppare le proprie conoscenze e potenzialità e svolgere nella società un ruolo attivo. Purtroppo, conosciamo bene i recenti dati OCSE sulle competenze di lettura degli italiani. Circa un quarto dei nostri quindicenni si colloca al livello più basso delle capacità di comprensione di un testo; un altro quinto sta messo ancora peggio: manca, cioè, delle competenze minime per fare della lettura un’attività funzionale.

Di fronte a questi risultati, mettersi a lodare il tempo che fu è un atteggiamento non solo inutile, ma sbagliato. Anche perché non va dimenticato che nel 1861, l’anno della proclamazione del Regno d’Italia, gli analfabeti (parliamo di analfabetismo totale, non – come oggi – funzionale, o di ritorno) rappresentavano circa il 73% della popolazione e un secolo dopo, quasi metà degli italiani non aveva neanche la licenza elementare (nel 1971 erano ancora un terzo). Invece di rimpiangere il passato, bisogna sfruttare le occasioni che il presente ci offre. Ad esempio il fatto che la scrittura ha ormai invaso – grazie a e-mail, sms e chat – la vita quotidiana di tutti noi (tanto più quella dei giovani); o che Internet ci consente di attingere in maniera immediata a uno sterminato archivio delle più svariate forme di testualità (non solo scritta).

Questi e altri aspetti del mondo in cui viviamo non andrebbero demonizzati, ma utilizzati per rinnovare l’insegnamento della grammatica partendo da alcuni valori condivisi: realismo (materiali linguistici presi dalla realtà e non frasette o discorsetti inventati); pragmatismo (parlare e scrivere bene significa esprimersi in maniera adeguata ed efficace rispetto a un destinatario, a un argomento, a un obiettivo); pluralismo (giusto e sbagliato dipendono spesso dalla situazione in cui ci si trova a comunicare); dinamismo (una lingua viva è in continua evoluzione).

Non la grammatica un tanto al grammo, insomma,



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