Dalos by Giù la cortina. Il 1989 e la fine delle dittature nell'Europa dell'Est

Dalos by Giù la cortina. Il 1989 e la fine delle dittature nell'Europa dell'Est

autore:Giù la cortina. Il 1989 e la fine delle dittature nell'Europa dell'Est
La lingua: it
Format: mobi
pubblicato: 2012-12-15T15:20:09+00:00


21.35 Poesie patriottiche

21.50 Notiziario di tarda serata.

Il piano di una gestione accorta della situazione di «massima severità» di Timisoara fallì al primo colpo, e poi si rivelò problematica anche la guerra lampo contro la popolazione. Nel tardo pomeriggio del 17 dicembre venne aperto il fuoco nella piazza dell'Opera. Il bilancio fu di 58 morti e 92 feriti, ma non pose fine alla protesta. Il giorno successivo il viceministro della Difesa, il generale Victor Stanculescu, dichiarò lo stato d'eccezione nella città e fece interrompere le comunicazioni telefoniche. Poiché gli scontri di quel giorno provocarono altri morti e i parenti delle vittime chiesero di poterne riavere le spoglie, la dirigenza si sentì a questo punto costretta a far sparire le prove delle sue azioni. Quaranta cadaveri furono caricati in vagoni frigorifero del consorzio carni Comtim diretti a Bucarest, dove furono ridotti in cenere nel forno crematorio centrale.

Quest'operazione fu condotta dal generale di polizia Constantin Nuta, che aveva già partecipato alla repressione delle proteste operaie di Brasov e che poco tempo dopo il macabro trasporto delle salme perse la vita in un incidente aereo, in circostanze finora mai chiarite.

Nemmeno il 19 dicembre portò al governo il successo sperato.

L'invio di una delegazione di pubblici ministeri, giunta da Bucarest per preparare un procedimento lampo a carico dei

«facinorosi», ebbe un compito ingrato: la composizione degli arrestati forniva ben pochi appigli alla tesi che i tumulti di Timisoara fossero opera di hooligan o sciovinisti ungheresi. Delle 832 persone arrestate 716 appartenevano alla maggioranza rumena, mentre soltanto 81 alla minoranza ungherese e 19 a quella tedesca. Ancora meno plausibile era l'affermazione che tra gli arrestati del 16 e 17 dicembre si trovassero i capi o il nocciolo duro dei dimostranti. A sfavore di questa versione deponeva non per ultimo il fatto che le manifestazioni di protesta in centro non erano diminuite mentre tutti questi poveri diavoli, che subirono diversi maltrattamenti, erano rinchiusi nei sotterranei del carcere della polizia. Evidentemente i fini giuristi provenienti dalla capitale erano stati convocati per dare una parvenza di legalità alle indagini in vista di un imminente processo.

L'operaio Ioan Bindariu ricorda lo strano cambiamento nel trattamento dei prigionieri.

Domenica, tarda serata: nel cortile della milizia di quartiere

[...] dovemmo gettarci a terra in modo che quei bastardi potessero colpirci più facilmente con manganelli e calci. [...] Il maggiore Bucur Bebé ci minacciò apertamente che non avremmo visto l'alba del giorno successivo. [...] Il lunedì iniziarono gli interrogatori. Ci tempestarono di domande in un corridoio:

«Qual è la tua fede, bastardo?! Riformato? Cattolico? O magari sei un battista? Chi di voi è iscritto al partito?». Tutto fu accuratamente annotato, poi ci rinchiusero di nuovo nel dormitorio. [...] Il martedì gli interro- gatori si trasformarono in interrogatori lampo, condotti con una certa fretta in una sala da nove pubblici ministeri contemporaneamente. Questi pretesero dichiarazioni scritte. Stavolta non venne usata nessuna violenza.

[...]

Il mercoledì, verso le diciotto, ci fu detto che saremmo stati rimessi al più presto in libertà. La risposta fu un unico grido di gioia. [...] Dopo averci spiegato



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