E così via all'infinito by Paolo Virno
autore:Paolo Virno
La lingua: ita
Format: epub
editore: Bollati Boringhieri
pubblicato: 2011-03-02T16:00:00+00:00
4.6. «Pars pro toto»
Il volto desolato del vecchio duca dipinto da Tiziano mostra l’aspetto che presenta qualsiasi uomo alla fine della propria vita. È un esempio di come appaiono, in generale, i volti manomessi dalla senilità. La singola occorrenza (token) sta per l’intera classe (type) in cui si inscrive: la rapprende in sé e ne fa le veci (cfr. Mazzeo 2008). Ora, pur essendo uno dei modi più diffusi ed efficaci di proiettare il tutto nella parte, l’esempio non sembra funzionare quando è in gioco un regresso all’infinito. Capire i motivi della sua cilecca aiuta a mettere a fuoco, per contrasto, il problema che ci sta dinanzi. Il regresso non è equiparabile a una di quelle classi, o insiemi, i cui membri, pur avendo certe rilevanti proprietà in comune, sono però reciprocamente indipendenti. Mentre il vecchio raffigurato da Tiziano si colloca accanto a tutti gli altri vecchi, senza essere loro vincolato, uno specifico metalinguaggio sta invece al di sopra o al di sotto dei suoi confratelli, dato che occupa un posto preciso all’interno di una gerarchia ascendente. Il regresso all’infinito è un processo dinamico, ogni tappa del quale deriva dalla precedente e genera la successiva. La stratificazione architettonica dei livelli logici esclude che un particolare episodio dell’‘e così via’ possa stare per la totalità degli episodi, diventandone quindi il legittimo rappresentante, cioè l’esempio. Se le cose stanno così, viene da chiedersi quale sia la proiezione del tutto nella parte che si attaglia realmente al regresso all’infinito. E, prima ancora, che cosa si debba intendere per “tutto” e per “parte” allorché si è alle prese con un’interminabile fuga all’indietro.
La totalità del regresso all’infinito non coincide con la collezione crescente, per definizione inesauribile, delle sue tappe successive. È evidente, infatti, che tale collezione non rende ragione del passaggio da una tappa all’altra: ma è soltanto nell’insieme di questi passaggi, ossia nella concatenazione delle diverse tappe, che si può sperare di cogliere il regresso come un tutto. Sarebbe ugualmente sbagliato, all’inverso, identificare le parti del regresso con i livelli logici di volta in volta attinti nel corso della marcia a ritroso: identificarle, mettiamo, con le singole immagini, sempre più astratte e comprensive, che ci si fa della propria mente. Un determinato metalinguaggio, benché sia certamente un prodotto dell’‘e così via’, non va tenuto per una sua parte, dato che di per sé esso nulla ci dice sul funzionamento del tutto, ossia sull’incessante proliferazione dei metalinguaggi. Parte dell’‘e così via’ è, semmai, la relazione tra un metalinguaggio e quello immediatamente superiore. Ecco, in breve, la mia opinione: l’‘e così via’ è una macchina, non una classe di enti o di fatti; un congegno del pensiero verbale, non una raccolta di pensieri reali o possibili; un dispositivo antropologico, non la serie espansiva delle sue manifestazioni. Ciò che conta, quando si parla di tutto e parte a proposito dell’‘e così via’, è la macchina come tale, non i prodotti cui essa dà luogo. Chiamo quindi totalità del regresso all’infinito il complesso di elementi o fattori che, combinandosi, lo scatenano e non cessano di alimentarlo.
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