Elogio del politeismo. Quello che possiamo imparare oggi dalle religioni antiche by Maurizio Bettini

Elogio del politeismo. Quello che possiamo imparare oggi dalle religioni antiche by Maurizio Bettini

autore:Maurizio Bettini [Bettini, Maurizio]
La lingua: ita
Format: epub
Tags: storia
ISBN: 9788815318558
pubblicato: 2014-09-25T22:00:00+00:00


Questo testo illustra bene le contraddizioni insite nel principio della tolleranza religiosa. Da un lato infatti si afferma che non si può essere forzati ad aderire a un altro credo, né impediti nel professare il proprio; dall’altro si ribadisce però che non accettando certi principi religiosi ci si trova comunque nell’errore, un errore che sarebbe in realtà «obbligo» correggere cercando la «verità». È facile immaginare che, se collocata all’interno di un diverso contesto politico e filosofico, questa contrapposizione fra chi cerca la verità e chi non la cerca può facilmente produrre fenomeni e atteggiamenti di carattere «intollerante».

Torniamo adesso in territorio politeistico. Al termine della nostra riflessione vorremmo infatti mettere «una accanto all’altra» – nello spirito comparativo di Tocqueville[11] – la categoria moderna di tolleranza religiosa e quella antica e politeistica di interpretatio, così come l’abbiamo vista configurarsi nei capitoli precedenti. Un dato balza immediatamente agli occhi: in una cultura che non prevede l’unicità esclusiva di Dio, ma ammette addirittura la possibilità di interpretare come propri gli dèi degli altri, una nozione come quella di tolleranza religiosa si trova come minimo fuori contesto[12]. Non c’è motivo di «tollerare» il fatto che altri onorino una divinità diversa dalla mia, se posso procedere ad assimilarla o addirittura identificarla con una che mi appartiene. Proviamo anzi a richiamare i tratti salienti dei sistemi politeistici antichi che, analizzando le implicazioni della interpretatio delle divinità straniere, abbiamo messo in luce nelle pagine precedenti: assenza di conflitti a carattere religioso, tendenza a sperimentare nel campo del divino, curiosità e pratica del conoscere nei confronti delle divinità straniere, esercizio della interpretatio intralinguistica. Si tratta di un fascio di caratteristiche che la tolleranza religiosa, così come l’abbiamo definita sopra, mette in atto solo parzialmente. In altre parole, l’atteggiamento «di chi, in fatto di religione […] rispetta le convinzioni altrui, anche se […] diverse da quelle cui egli aderisce, e non ne impedisce la pratica estrinsecazione» ci si presenta come una costruzione culturale destinata a sopperire alla mancanza di quanto l’interpretatio politeistica sarebbe in grado di offrire spontaneamente. È come se, applicando il principio di tolleranza, ciascuno dei tratti che abbiamo individuato sopra venisse riproposto in modo più debole. La naturale assenza di conflitti religiosi scende infatti al livello di un impegno (con relativa e costante tensione) a non scatenarne più; la tendenza a sperimentare nel campo del divino altrui si riduce a non impedire l’estrinsecazione delle pratiche religiose degli altri; la curiosità e la pratica del «conoscere» nei confronti delle divinità straniere si ritrae dietro il paravento del semplice rispetto (come accade con il sacrificio del presepio). Per quanto riguarda poi l’interpretatio intralinguistica, ossia la possibilità di identificare fra loro divinità appartenenti a uno stesso pantheon, si potrebbe dire che è stata proprio l’assenza di tale risorsa a produrre, alfine, la nascita della tolleranza in Europa. Dopo che per secoli le varie chiese e sette cristiane, pur professando tutte la medesima religione, non erano riuscite a «interpretare» una nell’altra le proprie rappresentazioni della divinità, provocando così sanguinosi conflitti, a



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