Funzionare o esistere? (Vita e Pensiero) by Miguel Benasayag

Funzionare o esistere? (Vita e Pensiero) by Miguel Benasayag

autore:Miguel Benasayag [Benasayag, Miguel]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Vita e Pensiero
pubblicato: 2019-12-02T23:00:00+00:00


Per il vivente il mondo è esperienza, ciò che risulta impensabile per una macchina. Fare esperienza significa che, a partire dalla nostra singolarità, che include quella della specie di appartenenza, della sua evoluzione e della sua cultura, sempre i nostri atti sono causati in un orizzonte di senso e al contempo forieri di senso.

L’uomo modulare e il rumore di fondo nel sistema

Torniamo all’algoritmo realizzato dalle società di carte di credito. Perché tali imprese, senza conoscere una persona, possono prevedere se divorzierà o meno? Come è possibile tale previsione, almeno in teoria? Una parte della risposta è che senz’altro, nel nostro mondo formattato, quell’utente di carta di credito è già una persona con un’unità dislocata e funzionante come un aggregato. Ciò corrisponde a quanto Musil aveva già descritto nell’Uomo senza qualità. Oggi si potrebbe parlare di ‘uomo modulare’: un individuo dal quale si eliminano i moduli inutili per sostituirli con moduli utili. Per usare un’espressione speculare a quella di Musil, potremmo parlare di ‘qualità senza uomo’. Il risultato è la costruzione di un profilo, pura esteriorità visibile e calcolabile. Purtroppo, ciascuno di noi è complice della costruzione di una tale visione dell’umano come aggregato di moduli: noi tutti collaboriamo alla fabbricazione di questa estetica della pura modularità esteriore.

Tali ‘moduli’, sorta di ‘unità di funzionamento’, simili ai componenti della macchina, sono assemblati in funzione di bisogni ed esigenze macroeconomiche. Ogni affinità elettiva, ogni territorializzazione, tutto ciò che ci radica nelle nostre appartenenze, i legami che ci costituiscono… sono mal visti perché ostacolano la fluidità. In realtà, questa nuova ingiunzione alla fluidità e alla flessibilità, così elogiate tanto dai piccoli e medi industriali quanto dai politici dei nostri governi, ha risvolti molto pericolosi. Questo orientamento ‘fitness’ implica in effetti un sovra-adattamento deleterio del vivente, per il quale esistere non significa mai conformarsi agli esoscheletri che la società gli impone.

La persona anziana è troppo ‘scolpita’ per dissolversi in quella fluidità che rende necessario imparare e disimparare incessantemente. Più si è vecchi, meno si possono modificare i propri moduli, le proprie radici, la propria struttura. Un giovane, al contrario, è – così dicono – ‘fluidificabile’ all’estremo: è possibile prenderne possesso e plasmarlo. E anche se siamo tutti sulla stessa barca, un giovane purtroppo può essere molto più facilmente distrutto e rimodellato. Perché è proprio di distruzione che si tratta. Non per nulla per fare la guerra è meglio contare sui giovani. Non, come si potrebbe credere, per ragioni fisiche, di potenza, ma perché sono più vulnerabili di fronte al sadismo della nostra società. Basti pensare all’orrore dei bambini-soldato.

Ecco perché è tragico che i ‘vecchi’ vengano trattati come dei ‘rimbambiti’. La funzione antropologica degli ‘anziani’ è di porre dei paletti. E invece, nei fatti, si vede che, lungi dall’essere persone che possono porre dei limiti, imporre asimmetrie, determinare e identificare che ‘questo non è uguale a quello’… – senza dogmatismo ma in relazione alla situazione –, molti vecchi – che sono ‘vinti’ –- aspirano a essere fluidi e si impegnano in un cammino che non solo è in contrasto con la loro natura, ma è anche in contraddizione con il loro ruolo sociale.



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