I giorni grandi by Walter Bonatti

I giorni grandi by Walter Bonatti

autore:Walter Bonatti
La lingua: ita
Format: azw3, mobi, epub
Tags: Montagna
ISBN: 9788808039088
editore: Zanichelli
pubblicato: 1977-12-31T23:00:00+00:00


SULLE GINOCCHIA DI ZEUS

Il pomeriggio che sbarcai al Pireo, nel maggio del 1963, mi accolse una pioggia torrenziale. Tuoni e fulmini facevano rintronare e abbagliavano sinistramente le vie della città, ridotte a rapidi canali d'acqua. Era un fatto insolito, per una città che vanta di aver soltanto una dozzina di giornate di maltempo all'anno.

Ero venuto in Grecia per scalare Parnaso e l'Olimpo, i monti sacri della mitologia ellenica, e il temporale del Pireo mi appariva ora un monito, come se avendo urtato la suscettibilità dei sacri Numi, essi esprimessero in questo modo loro disappunto. Avevo appena messo piede sulla terra della mitologia e subito mi piacque poter attribuire qualcosa alle Divinità dell'Olimpo.

Per una decina di giorni mi mossi tra i più affascinanti monumenti dell'antica Grecia, e quando raggiunsi il «Sacro Sito di Delfi» per accingermi a scalare il Parnaso, quasi mi immedesimai nei pellegrini dell'epoca. Essi nutrivano un così grande rispetto per questi luoghi, che prima di inoltrarsi nel venerabile recinto di Febo (Apollo), si sottoponevano a un bagno purificatore alla foce Castalia. Credetti di capirli, di sentire come loro, di essere entrato in perfetta comunione con lo spirito sempre rivolto all'immortalità, alla bellezza e alla poesia.

In questo stato d'animo le scalate al Parnaso e all'Olimpo, nonostante le persistenti burrasche atmosferiche, dovevano riservarmi sensazioni fantastiche e indimenticabili. Fu come una parentesi nella mia esistenza, una pausa vissuta in un altro mondo, in stretto rapporto con i suoi immaginari abitanti: divini e umani nel contempo. Mi sentivo come vegliato, protetto da quei Numi, e avevo la sensazione che ogni mia azione, ogni mio pensiero fosse da loro vagliato e all'occorrenza criticato. Nel ricordo, intessuto di sogni, risento quei suoni della natura che mi piaceva interpretare come la voce di Zeus (Giove) e quella di Hérmes, Eolo, Pallas, Poseidone, Ades, Efasto, che dai loro regni del mare, del Cielo e degli Inferi si riunivano su queste montagne a discutere, altercando, i loro problemi e quelli del mondo che reggevano. Risento le note del flauto di Pan, i delicati rintocchi della lira di Febo, e rammento di aver persino raccolto sulle pendici del Parnaso, in un momento di trasporto, un piccolo fiore rosso, per deporlo, quale omaggio alle Muse, sulla vetta, battuta in quel momento da una furiosa grandinata. Un gesto che sembrerebbe pagano, ma che per me, in quel momento, voleva essere un umile tributo a un glorioso passato dell'umanità, il cui spirito continua a vivere, come una leggenda esaltante, nella realtà di quei monti.

Il Parnaso, situato fra la costa settentrionale del golfo di Corinto e la pianura della Beozia, non possiede, a differenza dell'Olimpo, un particolare interesse alpinistico. La cima principale, scalata già in tempi antichi, raggiunge l'altezza di 2458 metri, ma è tozza, i suoi fianchi sono franosi, e rare e brevi le sue pareti rocciose. La squallida e austera grandiosità del paesaggio, unitamente al suo passato storico — era sacro alle Muse, dedicato a Febo e, in virtù dell'oracolo di Delfi, veniva ritenuto l'Ombelico del mondo — fanno tuttavia di questo massiccio uno dei luoghi più affascinanti che abbia mai incontrato.



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