I vinti non dimenticano by Giampaolo Pansa

I vinti non dimenticano by Giampaolo Pansa

autore:Giampaolo Pansa
La lingua: ita
Format: azw3, mobi, epub
Tags: General, History
ISBN: 9788858621004
editore: Bur
pubblicato: 2011-05-31T22:00:00+00:00


«E dei primi Comitati di liberazione che cosa mi racconta?» domandò Livia

«Che contavano molto poco, per non dire quasi nulla. Certo, ne facevano parte uomini coraggiosi e da ammirare. Tutti sapevano bene che cosa stavano rischiando. Come minimo, la deportazione nei campi di sterminio tedeschi. Eppure i Cln sorsero quasi dappertutto, anche nei piccoli centri. Quella fu la prima generazione dei Comitati. Ed era fatale che risentisse della debolezza dei partiti politici di cui erano l’emanazione.

«Il merito dei Cln fu di attestare, sin dall’inizio della guerra civile, che l’antifascismo era vivo, anche se decisamente minoritario. Quanto al resto, non potevano combinare molto. Di solito, i loro membri avevano iniziato a fare politica prima dell’avvento del fascismo. E sotto il regime di Mussolini erano stati costretti a rinunciare a qualsiasi attività pubblica. Spesso erano dei signori, quasi sempre della borghesia professionale o impiegatizia, che avevano intorno il deserto. I loro vecchi partiti erano scomparsi e stentavano a ricostituirsi. L’unica eccezione, come vedremo, era rappresentata dai comunisti.

«Mettersi insieme nei Comitati di liberazione» aggiunsi, «era l’unica forma di resistenza possibile. Anche se incrinata da un dato di fatto: la loro concordia risultava posticcia, per non dire fittizia. Come sarebbe emerso nella fase matura della guerra di liberazione. Ossia a partire dall’estate 1944.»

«Mi parli di questi partiti» mi incitò Livia. «E da un’ottica non convenzionale, per usare la sua immagine.»

«Prima di tutto, è necessario ricordare che i partiti antifascisti come strutture organizzate non esistevano più dalla metà degli anni Venti. Dopo il delitto Matteotti nel 1924, il fascismo li aveva spazzati via. Chi si era opposto all’avanzata del regime di Mussolini, in quel momento aveva soltanto tre opzioni: smettere di fare politica, finire in carcere o emigrare all’estero, soprattutto in Francia.

«Poi il consenso massiccio degli italiani per Mussolini aveva fatto il resto. E i partiti antifascisti erano diventati dei soggetti sconosciuti per la grande opinione pubblica. La stampa clandestina era ridotta al minimo. Non si sapeva quasi nulla degli oppositori arrestati. L’informazione del regime era una cortina compatta che non lasciava filtrare nulla.

«Il 25 luglio e la caduta di Mussolini riportarono gli antifascisti sulla scena. Ma erano dei fantasmi ricomparsi all’improvviso. Dei loro leader non si conosceva niente. Mi verrebbe da dire: persone qualsiasi ignote alle masse. Per di più erano convinti di poter ricominciare a fare politica alla vecchia maniera. Le divisioni li laceravano. Come vedremo tra un istante, i contrasti più gravi erano con i comunisti. Mentre gli altri non sapevano che pesci prendere, il Pci aveva le idee molto chiare sul da farsi. E le avrebbe subito messe in pratica.»

«Vorrei sapere in dettaglio dei partiti maggiori» mi chiese Livia.

«La Democrazia cristiana, l’erede del Partito popolare di don Luigi Sturzo, era poco più che un’area di opinione. Ne facevano parte signori rispettabili che avevano in mano una sola carta da giocare: il rapporto con la Chiesa cattolica. Lo stesso si può dire dei liberali e dei socialisti, entrambi privi di qualsiasi struttura organizzata.

«Infine esisteva il gruppo politico più giovane: il Partito d’Azione. Qui siamo sul terreno del liberalsocialismo, con punte estremiste e quasi rivoluzionarie.



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