Il bacio della vertigine by Arthur Lochmann

Il bacio della vertigine by Arthur Lochmann

autore:Arthur Lochmann [Lochmann, Arthur]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Ponte alle Grazie
pubblicato: 2022-04-24T19:51:33+00:00


LA VETTA

Alle quattro di mattina suona la sveglia. Strappato a un sonno profondo, ne deduco con un certo sollievo che ho finito con l’addormentarmi, che la stanchezza ha avuto ragione dei pensieri che mi hanno tenuto desto fino a tarda notte. Tiro fuori un braccio dal sacco a pelo per prendere la lampada frontale, mi passo l’elastico intorno alla fronte e accendo. Juliette alza appena la testa e mi saluta con un sorriso. Sembra che abbia dormito bene e, sentendo già freddo alla faccia, si gode ancora un po’ la dolce temperatura che regna nel suo sacco a pelo. Il calore dei nostri due corpi non è bastato a scaldare il pur minuscolo interno della tenda, e a ogni mia espirazione un pennacchio di condensa attraversa il fascio sottile della mia lampada. L’eccitazione della giornata che si prospetta scaccia rapidamente l’intontimento mattutino e, seduti a gambe incrociate, le teste inclinate per non toccare la tela umida, rabbrividendo entrambi, infiliamo in fretta ciò che abbiamo di più caldo per uscire dalla tenda.

La colazione è subito fatta. La mattina presto, una leggera nausea mi ha sempre impedito di mandar giù la minima cosa solida, ma mi costringo a bere qualche sorso di un tremendo caffè solubile che ha il solo merito di essere cocente. Dal canto suo, Juliette riesce a mangiare due o tre barrette di cereali, in piedi, le mani ritratte nelle maniche della giacca, e descrivendo piccoli cerchi davanti alla tenda per non starsene immobile nel freddo pungente. Nel frattempo, io mi attivo, sistemo i sacchi a pelo, i materassini, poi ripiego la tenda e nascondo dietro un masso tutto quel materiale da bivacco che ricupereremo dopo la discesa. La corda è pronta, le imbracature infilate e allacciate per la giornata, gli zaini sono fatti, resta soltanto da metterseli sulle spalle. Controllati i lacci degli scarponi, ecco che arriva il momento della partenza, fuggevole e tuttavia solenne. «Bene, ci siamo? Forza!»

Gli arti ancora intorpiditi, camminiamo in direzione del ghiacciaio sul sentiero che abbiamo già percorso ieri. Procediamo vicinissimi l’uno all’altra. Juliette apre la marcia a passo lento, al ritmo contenuto di quelle giornate che sappiamo dureranno a lungo, e poso il piede quasi nel punto esatto che la sua scarpa ha appena lasciato. Anche se non siamo ancora legati, sarebbe difficile per me dire dove comincia l’uno e dove finisce l’altra, per come i nostri gesti sono sincroni.

Tutto è calmo. Sul nostro lato destro, il rumore del ghiacciaio è ora rassicurante. Come una presenza, a poca distanza, che nell’oscurità ci indichi la direzione. I nostri respiri ancora tranquilli. Il ticchettio intermittente dei moschettoni sulle imbracature. La presenza oscura e massiccia delle pareti di granito che si ergono da qualche parte sulla nostra sinistra. Il tonfo sordo di un sasso inavvertitamente colpito da uno dei nostri piedi. Il pensiero di buttar fuori una parola in quel buio non ci sfiora nemmeno la mente. Soltanto le nostre lampade frontali, aloni azzurrognoli e vacillanti, lo forano timidamente. E le stelle innumerevoli di un cielo completamente sgombro.



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