Il professore sul ring by Jonathan Gottschall

autore:Jonathan Gottschall [Gottschall, Jonathan]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Bollati Boringhieri
pubblicato: 2015-08-22T22:00:00+00:00

6. Giochi di guerra

Uno sport violento che si impadronisce del campo, com’è il football in realtà, è una metafora cripto-fascista della guerra nucleare.

Uno studente attivista nel film A scuola con papà (1986)

Mi trovo a un evento di wrestling professionistico di basso profilo in una ormai arrugginita cittadina dell’acciaio nei pressi di Pittsburgh. Sono seduto con circa centocinquanta tifosi in quel genere di anonimo centro civico polivalente dove i vigili del fuoco volontari servono colazioni a base di pancake. In un ring sopraelevato, uomini in tute elasticizzate dai colori sgargianti tirano calci, volteggiano, si scontrano, si abbrancano a vicenda con le svariate prese del repertorio, Boston crab, cobra clutch, chicken wing. I lottatori non sono palesemente steroidati come quelli che si vedono in TV, e non hanno microfoni con cui rivolgersi direttamente al pubblico, ma stanno comunque dando spettacolo. Uno spettacolo notevole. Se non sapessi che la violenza è finta, non sono certo che riuscirei a capirlo. Saltellano, ruzzolano e assumono le pose più svariate; lanciano ululati di trionfo e sputi di rabbia. (Gli sputi sono veri). In poche parole, recitano in maniera gigionesca.

Tutti i match sono legati fra loro da un unico filo narrativo: il male è sopraggiunto a Pittsburgh sotto le spoglie dei 216 Clique, un gruppo di wrestler che rappresenta tutto ciò che di più malvagio esista al mondo, e non per niente arrivano da Cleveland, antica rivale di Pittsburgh nello sport e nel commercio (216 è il codice postale di Cleveland). I 216 Clique non hanno nessun rispetto per le regole. La loro tattica preferita è quella di far cadere in un agguato e assalire in branco un lottatore di Pittsburgh sorprendendolo quand’è da solo, e intanto sbraitare per tutto il tempo insulti contro i Pittsburgh Steelers.

Insultare gli Steelers è come bruciare una bandiera americana nel Giorno del Veterano o immergere un crocifisso nell’urina a Pasqua. È un vile sacrilegio che non può essere tollerato. E così noi del pubblico ci alziamo in piedi e urliamo in coro: «Cleveland ciucciamelo! Cleveland ciucciamelo!». Uno dei wrestler di Pittsburgh, seguendo il ritmo, intercala un suo grido ai nostri: «E ingoia!» («CLEVELAND CIUCCIAMELO! E ingoia! CLEVELAND CIUCCIAMELO! E ingoia!»). Poi, per tirar su il morale della squadra di casa, iniziamo a scandire il codice di avviamento postale di Pittsburgh: «412! 412! 412!». Il solo udire quelle odiate cifre sembra far letteralmente impazzire tutti i 216 Clique. Frank Stiletto «il Bello» ci urla di rimando con una rabbia furiosa: «Ouhhh, state zitti! Zitti, stupidi Yinzer!».1 Un altro dei 216 Clique suggerisce, facendo una serie eloquente di grugniti e smorfie, che siamo tutti dei ritardati mentali.

Le ostilità della serata raggiungono il punto culminante con una terribile guerra di bande che vede schierati dai quindici ai venti lottatori per parte. La battaglia inizia sul ring ma rapidamente si espande olte la quarta parete, e i wrestler si danno reciprocamente la caccia in mezzo alle nostre sedie e si prendono a botte nei corridoi tra le file. Gli eroici campioni di Pittsburgh all’inizio sembrano

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