Koba il Terribile by Martin Amis

Koba il Terribile by Martin Amis

autore:Martin Amis [Amis Martin]
La lingua: ita
Format: epub, azw3, mobi
editore: Einaudi
pubblicato: 2017-11-16T05:00:00+00:00


Lo sconcertante servilismo dei vincitori del 1934, non ancora testimoni del terrore, viene di solito spiegato cosí: se Stalin non poteva essere rimosso (si ragionava), lo si poteva almeno raddolcire, rabbonire, blandire e assecondare. Ciò implicò il divenirne complici. Furono costoro a tradurre in pratica la psicosi di Stalin, nutrendola e alimentandola, con i prevedibili disastrosi risultati.

Ma a un certo punto la realtà si mise di mezzo.

Come al solito, l’ultimo giorno del congresso i delegati si espressero sulla composizione del nuovo Comitato centrale. Sebbene non universale e nemmeno egualitario, il voto era quanto meno diretto e segreto. Ai piú di 1200 delegati venne consegnata una lista di candidati, ed essi tirarono una croce sui nomi degli uomini per cui votavano contro. Volkogonov definisce i risultati «incredibili!» Naturalmente la maggior parte di coloro che votarono contro Stalin vennero in seguito fucilati, ma secondo un superstite Stalin ricevette qualcosa come 120 voti negativi (Kirov ne ebbe solo tre). Altre fonti, tra cui Chruščëv, forniscono un dato di 300 voti negativi. Stalin falsificò i risultati e in ogni caso riempí il Comitato centrale di stalinisti…

Quei 300 voti avrebbero significato la morte di una generazione. Come dice Tucker, Stalin aveva sempre sospettato di essere circondato da ipocriti e doppiogiochisti: ora ne aveva le prove. Quanti di coloro che al congresso avevano tessuto le sue lodi avevano poi cancellato il suo nome dalla scheda? Secondo Tucker, Stalin aveva un’ulteriore buona ragione per convincersi del tradimento. Conosceva un’altra persona che aveva dissimulato, finto moderazione e indifferenza alle promozioni, complottato e sognato e che alla fine aveva trionfato. Quella persona era lui stesso.

Nel frattempo, nel mondo al di fuori della psicosi di Stalin… Una popolazione ferocemente oppressa, in tutti i sensi, ha un unico modo di protestare: in una sorta di sciopero della fame genetico, comincia a cessare di riprodursi. Dal 1917 in avanti i bolscevichi avevano sistematicamente boicottato la famiglia. Il divorzio venne incoraggiato (per ottenerlo era sufficiente comunicarlo al coniuge con una cartolina postale); l’incesto, la bigamia, l’adulterio e l’aborto vennero depenalizzati; le famiglie vennero disperse da destinazioni di lavoro separate e dalla deportazione; e i figli che denunciavano i genitori diventarono eroi nazionali, celebrati in poesie e canzoni. Moshe Lewin scrive:

I tribunali si trovarono a esaminare un’incredibile quantità di casi che testimoniavano la desolazione umana causata dalla congestione delle abitazioni. Il crollo degli standard di vita, le file fuori dai negozi e il proliferare degli speculatori suggeriscono la profondità delle tensioni e dei patimenti. Ben presto la somma di tali condizioni avrebbe causato il diffondersi a largo raggio di manifestazioni di nevrosi e anomia, culminanti in un’allarmante caduta del tasso delle nascite. Già nel 1936 le città avevano subíto una diminuzione netta della popolazione, con piú bambini che morivano di quanti ne nascessero, il che spiega l’allarme nei circoli governativi e le famose leggi contro l’aborto promulgate quell’anno.



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