La nave dei morti by Clive Cussler & Jack Du Brul

La nave dei morti by Clive Cussler & Jack Du Brul

autore:Clive Cussler & Jack Du Brul [Cussler, Clive & Brul, Jack Du]
La lingua: ita
Format: epub
pubblicato: 2012-04-29T11:40:59+00:00


fatto

circolare

le

sue

informazioni, ma dubitava che ne sarebbe seguito granché, all’atto pratico. Dopo l‘11 settembre, di minacce generiche se ne segnalavano in continuazione e di solito venivano ignorate, come il ragazzino che grida al lupo al lupo. « Donatella? » « Oui, capitarne. »

«Ti dispiacerebbe riportare il mio giovane amico alla nave? Mettilo sul conto che ho aperto con il tuo capo. » « Certo, signore. Sarà un piacere.

»

«Anche per lui, ne sono certo.» Juan tornò a rivolgersi a Eric. «

Continua a lavorarci e chiamami se ci sono novità. » « Contaci, capo. »

Line e Cabrillo scesero dal motoscafo e salirono sul molo, trascinandosi dietro i bagagli. « Cos’è che ti ha dato la ragazza? » chiese Juan.

Line prese un biglietto da visita dalla tasca del giubbotto di pelle. «

Cosa? Questo? Il suo numero di casa e di cellulare… »

«Con tutto quello che sta succedendo, riesci a pensare al sesso? »

« Presidente, ho imparato che nella vita tutto fa riferimento alla riproduzione e all’evoluzione e molto presto quella ragazza sentirà la mancanza di Line. »

« Riproduzione ed evoluzione, eh? » Juan scosse la testa. « Sei come Murph e Stoney. »

« La differenza sostanziale, Juan, è che io con le ragazze ci esco, mentre quei due ragazzini se lo sognano e basta. »

Max Hanley si svegliò in un mare di sofferenza.

Il dolore si sprigionava dalla coscia e dalla testa. Si faceva sentire a corrente alternata, abbattendosi sul suo capo con l’impeto di un uragano.

Il primo istinto fu di massaggiarsi le tempie e capire come mai gli pulsasse la gamba, ma, persino nel suo stato di flebile coscienza, capì che era il caso di restare immobile fino al momento in cui avesse ripreso maggiormente le sue facoltà. Non era certo del perché, ma sapeva che era importante. Passò del tempo. Forse cinque minuti oppure dieci. Non aveva modo di giudicarlo se non in base al martellamento che provava alla testa e al dolore alla gamba che cresceva e si placava al ritmo dei suoi battiti cardiaci.

Man mano che la sua mente tornava a fuoco, capì di trovarsi su un letto.

Non c’erano lenzuola né cuscini e il materasso gli grattava le spalle.

Fingendo di essere ancora privo di sensi, si mosse leggermente. Per lo meno, gli avevano concesso il decoro dei boxer, per quanto avvertisse la fredda carezza dell’acciaio sulle caviglie e sui polsi.

D’un tratto, si ricordò tutto: Zelimir Kovac, la fuga di Eddie e l’odore dolciastro e nauseabondo dello straccio che gli veniva schiacciato sul naso e sulla bocca. Gli faceva male la testa perché era stato narcotizzato. E poi l’altro orrore lo colpì come uno schiaffo in pieno volto e lui emise un rantolo involontario.

Era di nuovo in un furgone che si stava allontanando dal loro albergo.

Kovac gli aveva somministrato un quantitativo di narcotico sufficiente a renderlo sottomesso, come un ubriaco da portar via da una festa. Max si trovava nel retro del furgone. Si rendeva vagamente conto della presenza di altri. Kyle? Adam Jenner? Non avrebbe saputo dirlo.

Kovac aveva passato una penna ottica sul suo corpo, una specie di metal detector di quelli in uso negli aeroporti.



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