La Shoah in Italia by Michele Sarfatti
autore:Michele Sarfatti [Sarfatti, Michele]
La lingua: ita
Format: epub
ISBN: 9788858413975
editore: Einaudi
pubblicato: 0101-01-01T00:00:00+00:00
Mentre tutto ciò determinava un aumento vertiginoso delle situazioni di povertà, nel 1940 fu precisato dapprima che le persone «di razza ebraica» dovevano indirizzare le richieste di sussidio «alla Comunità israelitica, cui per legge è devoluta l’assistenza agli ebrei bisognosi»11 e poi che, «gli ebrei non possono essere iscritti nell’elenco dei poveri», cioè usufruire dell’assistenza pubblica12.
La normativa sui beni fu meno dirompente di quella concernente il lavoro. Ai soli ebrei italiani (o, dal 1940, anche agli apolidi) non «discriminati» fu vietato di possedere beni immobili in misura superiore a 5000 lire di estimo per i terreni e a 20 000 lire di imponibile per i fabbricati urbani, o aziende commerciali o industriali interessanti la difesa della nazione o con almeno 100 dipendenti (ma questo divieto riguardò pochissime aziende). Le società azionarie non furono oggetto di una specifica normativa, e il regime abbandonò rapidamente il progetto iniziale di porre limiti legislativi alla percentuale e al diritto di voto delle quote azionarie possedute da ebrei. Riguardo a quest’ultimo aspetto, si può sintetizzare, per mezzo di documenti dell’epoca, che il fascismo, oltre a non voler intaccare legislativamente il diritto liberale di proprietà, intendeva evitare sia «squilibri e ripercussioni» nell’economia italiana sia «l’emigrazione del capitale ebreo investito», e che perciò esso si dette l’obiettivo di porre «il capitale degli ebrei sotto severo controllo ariano, al servizio della nazione», prevedendo di operare con cautela e gradualità per «diminuire […] o abolire del tutto l’interessenza giudaica e la collaborazione dei tecnici ebrei»13. Anche il semplice trasferimento all’estero dei beni degli ebrei stranieri e italiani, espulsi o emigrati, venne assoggettato a limitazioni assai dure.
Numerose altre disposizioni colpirono l’attività o la presenza ebraica negli altri comparti della società: vennero sostituiti i nomi ebraici di strade, moli marittimi e località; venne vietato il possesso di apparecchi radio ai non «discriminati»; venne precluso il brevetto di pilota civile; venne vietata l’iscrizione alle società per la protezione degli animali. Le associazioni sportive provvidero subito a espellere gli ebrei. Sulla stampa nazionale non potevano comparire pubblicità di ditte di ebrei, mentre gli elenchi telefonici non potevano contenere nomi di ebrei. Nel novembre 1938 venne disposto con decreto legge il divieto per gli ebrei di avere alle proprie dipendenze domestici italiani «ariani».
La normativa del 1930-31 sulle Comunità israelitiche e sull’Unione delle comunità israelitiche italiane non venne modificata: sinagoghe ed enti ebraici rimasero aperti e funzionanti. La vita ebraica venne però colpita da varie disposizioni amministrative: il 19 ottobre 1938 venne vietata la macellazione degli animali secondo l’uso ebraico; tutti i periodici ebraici cessarono le pubblicazioni; nel 1942 agli ebrei assoggettati alla «precettazione» venne impedito di rispettare anche le principali festività ebraiche; alcuni rabbini e dirigenti di Comunità furono espulsi o dovettero emigrare; gli ebrei impoveriti pagarono meno tasse alle Comunità, ecc.
In quegli anni nessun ebreo della penisola venne ucciso, ma la persecuzione spinse decine di italiani e stranieri (pari forse all’1 per mille dei perseguitati) a suicidarsi.
Fino al luglio 1943, nella penisola vi fu una sola vera e propria ondata di gravi violenze:
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