L'erosione by Tonia Mastrobuoni

L'erosione by Tonia Mastrobuoni

autore:Tonia Mastrobuoni [Mastrobuoni, Tonia]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Mondadori
pubblicato: 2023-05-18T12:00:00+00:00


La svolta a destra e il «modello Berlusconi»

Fino al 1993 Fidesz è un partito che si proclama liberale e democratico. E i discorsi di Orbán sono interessanti, col senno di poi. Sin dal 1989 predica libere elezioni e il ritiro delle truppe sovietiche dall’Ungheria, nei primi anni della liberazione dal giogo di Mosca elenca i benefici della democrazia e del liberalismo. Nel 1990 il leader di Fidesz sostiene che «il nazionalismo e le politiche populiste sono in totale contrasto con il liberalismo».11 E accusa i suoi avversari al governo di «trascurare i rapporti con i principali otto o dieci grandi capitalisti», di «non farli sentire parte di noi», perdendo occasioni preziose per gli investimenti nel Paese.12

Tuttavia le differenze con altri partiti liberali ungheresi crescono inesorabilmente. In particolare quelle con i Liberi Democratici (SzDSz), una forza politica formata da intellettuali liberali di sinistra, anticomunisti e borghesi, con i quali Orbán ha inizialmente un buon rapporto. Ma la provenienza opposta, rurale, provinciale di Fidesz, scava negli anni un abisso che sfocia nell’aperta ostilità nei confronti di SzDSz e in generale delle élite liberali. Un’ostilità che diventerà uno dei maggiori pilastri della propaganda di Orbán.

Dopo le elezioni del 1994, un gesto simbolico diventa talmente rappresentativo dello scontro tra due civiltà – quella borghese e cosmopolita dei liberali «classici» e quella rurale e provinciale di Fidesz – che István Kemény lo immortalerà in una poesia. Al ricevimento per i parlamentari neoeletti, il deputato dei Liberi Democratici, Miklós Haraszti, va da Orbán e gli aggiusta la cravatta, con un gesto sprezzante. Il capo di Fidesz arrossisce. E non dimentica.13

Quell’anno i liberali di SzDSz vanno al governo insieme ai socialisti. E una fetta di Fidesz, spaventata dalla svolta radicale di Orbán, lo abbandona. Gli anni successivi sono una traversata del deserto, ma nel 1998 il capo di Fidesz vince per la prima volta le elezioni. Ha trentacinque anni, è il più giovane premier in Europa, il secondo più giovane della storia ungherese, e tutti guardano con ammirazione a quel ragazzo prodigio dell’Est Europa, che è già da anni uno dei politici più popolari del Paese.

In realtà, la chiave di quella prima vittoria elettorale nel 1998 sta nella radicale svolta intrapresa ufficialmente tre anni prima. L’indiscutibile fiuto politico di Orbán gli dice sin dal 1993 che è arrivato il tempo di svoltare a destra e di polarizzare il Paese. Due anni dopo il leader getta la maschera e spiega ai suoi, al congresso di Fidesz, che «la formazione di blocchi, l’emergere di un centrosinistra socialista e di un centrodestra moderato, è nell’interesse della classe media. Al centro, se restiamo soli, non abbiamo alcuna possibilità di imporci sulla sinistra o sulla destra. E nella mia testa non esiste alcuna possibilità di allearsi con la sinistra. Quindi Fidesz deve cercare alleanze con le forze politiche a destra del centro».14 E per rendere più credibile la svolta, il leader ribattezza il partito «Partito civico ungherese», liberandolo per sempre dall’aura di un movimento di giovani promesse. L’acronimo resta Fidesz. E i suoi esponenti si tagliano la barba, smettono i vestiti casual e adottano giacca e cravatta.



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