L'estate del Golpe by Stefania Limiti

L'estate del Golpe by Stefania Limiti

autore:Stefania Limiti [Limiti, Stefania]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Chiarelettere
pubblicato: 2023-03-20T16:33:43+00:00


Insomma, chiosa, «non c’è proprio niente di presidenziale nel suo atteggiamento». Un apprezzamento dell’uomo che può anche attagliarsi al politico cui sono preclusi slanci.

Durante gli anni del centrismo, Rumor è un «pontiere», forte della sua abilità di dialogo e della sua antica fedeltà a De Gasperi, poi sarà «il grande doroteo», artefice della riorganizzazione del partito e della congiura contro Fanfani, tessuta nel silenzio del convento di Santa Dorotea nel marzo del 1959: via il toscano e la sua corrente, Iniziativa democratica, arriva Moro, sostenuto da Colombo, Taviani e finanche dal sardo Segni. Rumor sarà poi punto fermo del partito da segretario politico negli anni del centrosinistra, ma con Moro non si prenderà mai. Dirà il caustico Andreotti: «Moro di Taviani ha disprezzo, di Piccoli diffidenza, di Rumor sostanziale disistima».6 In quella cena vicentina, scrive la sua ospite: «Parla di Moro, cose terribili, dei deputati, dell’inefficienza di Reale [Oronzo, ministro delle Finanze, nda]». Non stupisce la polemica verso il partito, piuttosto diffusa, ma su Moro? Forse è l’impressione esagerata della signora Cisco, che tuttavia ha toni morbidi ed eleganti, amichevoli. Cosa potrà aver mai detto?

Certamente le elezioni del maggio 1968 hanno portato guai. L’area del centrosinistra si è ristretta, dopo il susseguirsi dei governi Moro dal dicembre del 1963.7 I socialisti sono inviperiti, addossano alle sue lentezze la loro cocente sconfitta: un quarto dei voti, cancellati dal continuo rinvio delle riforme, soprattutto quella sulle pensioni. Moro diventa il grande nemico dei socialisti e i suoi rivali interni non aspettano che di vederlo cadere: perciò esce dalla corrente dorotea, lui dice avvisando Rumor; questi scrive nelle sue Memorie8 che non ne sapeva niente, anzi si sente tradito.

Iniziano le grandi manovre per ridisegnare una formula politica. Moro prende malissimo la segreteria di Flaminio Piccoli (gennaio-novembre 1969):

Rumor (dopo Leone) era diventato presidente del Consiglio e Piccoli segretario, quest’ultimo in modo molto contrastato, con e per la mia decisa opposizione […]. Invano si era presentato a me, per patrocinare accordi, l’ex generale Aloja [l’uomo della strategia della tensione, nda]. Io fui intransigente e mi trovai in urto sia con il presidente del Consiglio sia con il segretario del partito. Tanto che per circa un anno rifiutai per ragioni di contrasti politici interni il ministero degli Esteri, che poi finii per accettare (e vi lavorai con impegno e grande passione), perché mi resi conto, a parte il valore umano dell’incarico, che esso era l’unico modo decente perché non si determinassero sgradevoli incontri in Consiglio dei ministri, nelle riunioni della direzione del partito tra me e i nuovi dirigenti.9



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