Libera scienza in libero Stato by Margherita Hack

Libera scienza in libero Stato by Margherita Hack

autore:Margherita Hack
La lingua: ita
Format: mobi, epub, azw3
editore: BUR
pubblicato: 2010-12-31T23:00:00+00:00


Alcune mie proposte

per una riforma dell’università

A conclusione di questa rassegna delle riforme passate e future, possiamo riassumere i punti più urgenti e necessari da attuare per salvare e migliorare quel tanto di buono che ancora c’è nel nostro sistema universitario:

1) autonomia a cui fa da contrappeso una rigorosa valutazione delle singole università nel loro complesso e delle singole strutture che le compongono (dipartimenti, corsi di laurea, laboratori, scuole di specializzazione e di dottorato), valutazione dei singoli docenti e ricercatori, allocazione dei fondi ai singoli ricercatori e alle singole strutture in base ai risultati raggiunti e valutati da commissioni indipendenti;

2) favorire gli scambi con altre università ed enti di ricerca italiani e stranieri, anche prevedendo strutture adeguate (foresterie, mense e case per gli studenti);

3) reclutamento da elenchi di docenti dichiarati idonei in base a concorso nazionale per titoli, valutati, secondo criteri oggettivi riconosciuti internazionalmente da commissioni di esperti della materia possibilmente anche stranieri;

4) evitare la proliferazione di nuove piccole università e di sedi distaccate, che comportano una dispersione dei fondi disponibili a beneficio di strutture inadeguate a raggiungere quel livello di efficienza e qualità a cui l’università deve mirare.

Come si dice a Firenze, «senza lilleri non si lallera». Occorre che i costi di iscrizione e frequenza siano adeguati all’importanza di quello che i docenti trasmettono agli studenti. Oggi le tasse universitarie sono minime, al massimo possono raggiungere i 1500 euro l’anno, e questo dimostra la poca importanza che si dà alla cultura e alla ricerca. In molti casi sono pari alla metà o a un terzo di quanto una famiglia decide di spendere per le ferie. Io ritengo che le tasse universitarie, come le tasse sul reddito, debbano essere commisurate alle entrate della famiglia dello studente: molto più alte delle attuali per le famiglie benestanti, borse di studio per gli studenti meritevoli provenienti da famiglie a basso reddito, e inoltre ampia disponibilità di prestiti d’onore bancari a basso tasso d’interesse per gli studenti. Saranno questi ultimi a volersi laureare in corso per non perdere il diritto al prestito e trovare un lavoro in tempi brevi per iniziare a ripagare il debito.

Si dovrebbe dedicare molta più attenzione di adesso alla grande maggioranza degli studenti – quelli che non faranno i ricercatori – seguendoli con compiti scritti, esercizi, seminari con discussioni per ogni materia di esame aperti a gruppi di venti o trenta studenti al massimo, come avviene per esempio in molte università americane. Quindi togliere la possibilità di ripetere un esame infinite volte: due sarebbe più che sufficiente. In un certo senso occorrerebbe «licealizzare» il controllo degli studenti, piuttosto che gli argomenti di insegnamento come si sta facendo ora. È ovvio che tutto ciò richiede ai professori universitari un impegno didattico molto maggiore dell’attuale; di qui deriva la mia proposta di riservare un intero semestre all’insegnamento e uno alla ricerca.

Questa totale mancanza di controllo sul rendimento degli studenti, la possibilità di dare quanti esami all’anno si vuole, di ripetere più volte lo stesso esame è un fattore che non incentiva gli studenti meno motivati, soprattutto se hanno una famiglia alle spalle in grado di mantenerli.



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