L'Italia littoria by Mario Cervi Indro Montanelli

L'Italia littoria by Mario Cervi Indro Montanelli

autore:Mario Cervi Indro Montanelli [Indro Montanelli, Mario Cervi]
La lingua: ita
Format: azw3, mobi
editore: BUR
pubblicato: 2011-07-14T22:00:00+00:00


Di che pasta fosse fatto l’ometto cui aveva riserbato la sua altezzosa condiscendenza a Venezia, Mussolini poté constatarlo due volte, nel volgere di poche settimane. Il 30 giugno 1934, nella «notte dei lunghi coltelli», Hitler aveva sterminato il capo delle SA Röhm, i suoi uomini più fidati, il generale Schleicher, oppositori della più varia estrazione, in tutto un migliaio di persone. Il Duce ne fu impressionato, e con Rachele si sfogò contro quell’uomo «spiritato e feroce», che aveva ucciso «i camerati che lo avevano aiutato a conquistare il potere». «Sarebbe» aggiunse «come se io ammazzassi o facessi ammazzare Dino Grandi, Italo Balbo, Giuseppe Bottai», senza minimamente sospettare che quel giorno sarebbe arrivato, anche per lui.

Il sangue della notte dei lunghi coltelli non si era ancora seccato, che altro ne corse, e in circostanze ancora più drammatiche. Il 25 luglio i nazisti austriaci vollero accelerare i tempi, e realizzare subito l’Anschluss. Il putsch fu sventato dalle forze dell’ordine; ma i rivoltosi che avevano assalito la Cancelleria uccisero Dollfuss: aveva quarantuno anni. Hitler sconfessò pubblicamente l’azione: ed è possibile che essa fosse dovuta all’iniziativa dei nazisti locali. Ma è certo che il piano insurrezionale, anche se per avventura non concordato e prematuro, si inquadrava perfettamente in una politica che dell’Anschluss faceva uno dei suoi maggiori e irrinunciabili obiettivi. La tragedia poneva a Mussolini, insieme al problema politico, che era tremendo, anche un problema umano. L’agonia di Dollfuss era durata tre ore. Gli scherani nazisti, che indossavano uniformi austriache, lo avevano intrappolato nella Cancelleria, la stessa dove dopo il Congresso di Vienna del 1815 era stata firmata la pace post-napoleonica. Nove tra gli assalitori avevano quindi forzato le porte e sparato alla gola del Cancelliere, che s’era dissanguato lentamente, mormorando ad alcuni tra i suoi che lo assistevano: «Volevo solo la pace, Dio li perdoni» e raccomandando poi che il suo amico Mussolini si prendesse cura della moglie e dei figli.

Alwine Dollfuss era da undici giorni a Riccione ospite dei Mussolini insieme ai suoi bimbi. Per la famiglia del Cancelliere era stata affittata una villa poco lontana da quella del Duce. Dollfuss doveva raggiungerli: anzi il giorno precedente si era consultato con il corrispondente del «Popolo d’Italia» a Vienna, Eugenio Morreale, per la scelta del regalo da portare al Duce. Morreale stesso, a putsch avvenuto, aveva messo in allarme il sottosegretario agli Esteri Suvich che non riusciva a trovare Mussolini, anche lui sull’Adriatico. Suvich si era allora rivolto al sottosegretario alla Guerra, il generale Federico Baistrocchi, e finalmente il Duce era stato raggiunto, e sommariamente ragguagliato. Negato forse alla vera amicizia, Mussolini provava tuttavia per Dollfuss il sentimento più vicino all’amicizia di cui si sentisse capace. Solo a sera, accompagnato da Rachele, si decise a recarsi, sotto la pioggia, alla villa dei Dollfuss, per dare ad Alwine – che era già coricata e li accolse in vestaglia – la notizia. Le disse esitante, in tedesco, che il marito era «gravemente ferito». Ma l’espressione di entrambi e la solennità della visita lasciavano chiaramente trapelare la verità.



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