L'occhio del lago by Tullio Giordana

L'occhio del lago by Tullio Giordana

autore:Tullio Giordana [Tullio Giordana]
La lingua: ita
Format: epub
Tags: F
editore: SAGA Egmont
pubblicato: 2022-12-02T00:00:00+00:00


IX.

No. Paolo non avea vissuto, amato, sofferto, senza ricordarsi mai della sua fede infantile, senza alzare mai gli occhi verso Dio. No. Pareva che nelle profondità della sua anima un ardore segreto rimanesse, una fiamma soffocata, che qualche volta si levò, crepitò, uscì fuori.

Egli, inconsapevolmente, aveva continuato a credere. La sua scienza negativa, il suo materialismo, avevan coperta la fede senza soffocarla, e qualche volta ella aveva parlato dentro e sulla sua bocca, senza che egli badasse all’attimo e ricordasse l’episodio.

Una prima volta era stato in Ispagna, a Tarragona. Egli era arrivato nella piccola città bianca, che un placido mare accarezza con protezione, soltanto per vedere la cattedrale, a cui salì appena giunto, di sera, per strade oscure e tortuose, limitate da scale, come le nostre da marciapiedi. Giunse ad un’ampia scalea e gli apparve la facciata della cattedrale, bassa, piccola, chiusa dalle case claustrali. Contro i lati due lampioni gialli sbadigliavano la lor luce incertamente sulle rigide statue dormienti dei santi; tutto intorno taceva, si udivan suoni di chiavi e lontano abbaiare di cani.

Scese, disilluso. Risalì al mattino ed ebbe da prima la medesima impressione indifferente. Sulla porta un grande rosone di pietra e due finestrine spalancate sull’azzurro; i fianchi erano rimasti mozzi e tutta la facciata sembrava inferma, bassa, e mutilata.

Ma come diverso l’interno! La chiesa poggiava su tre navate, alte, agili, acute, interrotta nel centro dal coro. I pilastri salivan nell’ombra, si congiungean nell’ogiva, parendo enormi getti di acqua che un vento continuo avvicinasse, parendo a Paolo violente espressioni della terra amante verso il cielo. Sulle pietre grigie corrose, dai finestroni policromi, si spargevano chiazze di colore come da un arcobaleno in cui le linee siansi miste e spezzate; il luogo era pieno di silenzio, di pace, allagato da una dolce luce misteriosa, diffusa, che non parea venir da nessun luogo, e pure offendeva gli occhi come uno splendore troppo grande, come una emanazione divina.

Da un lato si usciva nel claustro aperto sul patio, un cortile pieno di fiori e di palmizi, mormorante di getti che pure facean più grande il silenzio. Dinnanzi alle cappelle qualche donna pregava, dinnanzi alla Madonna, entro vasi umili, si allargava il basilico: per tutto il portico gotico era una luce quasi rosea contro le pietre grigie, una luce gioconda e triste che era filtrata prima attraverso il verde. Qualche ombra nera o violetta passava rapidamente lungo le colonne.

Paolo restò lunghe ore nel tempio. Ammirò tutte le sue rare bellezze di arte, tutti i marmi leggeri lavorati come trine, quasi fossero materie docili al soffio di labbra delicate. Restò a lungo dinnanzi a santa Tecla, la patrona di Tarragona, che in un bassorilievo era tra i serpenti: il piccolo corpo vergine, infantilmente fragile, ignudo, di una finezza suprema, si levava sul tormento e sorrideva nel viso fine che i capelli sciolti nascondevano un poco. Guardò la medesima santa fra i demoni tranquilla, sorretta e consolata dagli angeli. I visi infernali ringhianti sotto di lei avevano deformazioni spaventose, mentre gli altri, un poco rigidi ed estatici, mostravano un’infinita dolcezza.



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