Materia sacra. Corpi, oggetti, immagini, feticci nella pratica religiosa by Ugo Fabietti
autore:Ugo Fabietti [Fabietti, Ugo]
La lingua: ita
Format: epub
Tags: Religion, Fundamentalism, Social Science, Anthropology, Cultural & Social, Popular Culture
ISBN: 9788860307170
Google: kG8aogEACAAJ
Amazon: 8860307171
editore: Culture E Società
pubblicato: 2014-06-14T22:00:00+00:00
RAPPRESENTAZIONE О PRESENTAZIONE DEL SACRO?
I casi della Madonna del sottopasso di Chicago e delle pietre forate del lago Tanganyka indicano che la materia può essere il veicolo per il disvelamento (rivelazione) di una verità già conosciuta e che necessita di essere sempre riconfermata. In questo caso non sarebbe improprio dire che siamo di fronte a rappresentazioni del sacro così come questo è già concepito. La formazione di salnitro e la pietra forata, “numinose” nella loro comparsa, rappresentano qualcosa che già si conosce, lo rivelano, ne sono in qualche modo la conferma.
Il ruolo preminente della materia nell’immaginazione religiosa di una comunità è forse tuttavia meglio illustrato, ancorché con delle differenze importanti rispetto ai casi esaminati, dalle “sacre pietre” degli inca e delle culture andine all’epoca della conquista spagnola. I colonizzatori cristiani furono colpiti dalla devozione che le popolazioni dell’area andina mostravano nei confronti delle cosiddette huaca, un nome con cui i locali indicavano indifferentemente montagne, caverne, corsi e specchi d’acqua e appunto rocce e pietre considerate “sacre”. Le ragioni di questa speciale considerazione per simili cose pare siano riconducibili a una particolare concezione “transustanziale” della materia. Tale concezione consiste nel fatto che laghi, monti, e appunto molte rocce o comunque sostanze materiali in genere che possono “colpire” per la loro forma o colore, sono a volte concepite anche oggi nell’area andina come trasformazioni della vita organica animale o vegetale, allo stesso modo in cui quest’ultima può essere la forma che assumono rocce, fiumi, montagne ecc., tutte cose considerate inanimate dagli europei. La distinzione animato/inanimato, scontata in alcuni contesti culturali, non lo è però in altri. Il celebre studio di Irwing Hallowell sulla “ontologia” degli ojibwa del Canada mostrò infatti che le pietre risultano, nella lingua di queste popolazioni, “grammaticalmente animate” sebbene gli ojibwa stessi riconoscano la distinzione tra cose animate e cose inanimate. Come precisa Hallowell, gli ojibwa “riconoscono, a priori, che alcune categorie di oggetti [in questo caso le pietre] possano essere animate in certe situazioni” (Hallowell, 1960, p. 55, corsivo mio). La descrizione di Hallowell del modo di considerare le cose da parte degli ojibwa sembra ricollegarsi a quei casi in cui il passaggio dalla forma animale a quella umana, e viceversa, è possibile perché all’origine c’è un pensiero che non distingue nettamente, al contrario di altri, tra enti animati ed enti inanimati (Descola, 2005, pp. 191 e sgg.).
Il pensiero andino adotta una prospettiva abbastanza simile a quella degli ojibwa, per cui non tutte le pietre (come non tutti i fiumi, i monti e le caverne) sono huaca, ma alcune lo sono. Cosa faccia in modo che venga operata questa selezione non è facile a dirsi, ma di solito le cose huaca sono notevoli per un qualche motivo specifico connesso con una forma, un luogo o anche una narrazione. L’unica cosa certa è che esse sono huaca in quanto investite di uno speciale significato. Ma anche qui le cose non sono riconducibili agli schemi abituali. Si potrebbe pensare che una cosa è huaca solo perché rappresenta uno spirito, una divinità, un -antenato ecc.
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