Oligarchi e plebei: Diario di un conflitto globale (Italian Edition) by Carlo Formenti

Oligarchi e plebei: Diario di un conflitto globale (Italian Edition) by Carlo Formenti

autore:Carlo Formenti [Formenti, Carlo]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Mimesis Edizioni
pubblicato: 2018-03-13T23:00:00+00:00


Macron, un presidente giovane ma non dei giovani

Maggio 2017. Un leitmotiv ricorrente, nei peana che i media di regime hanno tributato alla vittoria di Macron, si riferisce alla sua età: un presidente giovane che, come il primo Obama e Renzi, promette di rottamare la vecchia politica e avviare radicali riforme in linea con i dettami del pensiero unico liberista, spazzando via le resistenze “corporative” dei sindacati e quel che resta del welfare. Indubbiamente Macron è un presidente giovane, anzi giovanissimo, ma è davvero il presidente dei giovani? Sono loro che ne hanno decretato la vittoria? Le analisi della composizione generazionale del voto rivelano che la sua vera base elettorale è fatta di ultrasettantenni, i quali lo hanno premiato con percentuali bulgare. Né la cosa deve stupire, ove si consideri che, dall’inizio degli anni Novanta del secolo scorso a oggi, la popolazione francese ha subìto un rapido invecchiamento (l’età media è aumentata di cinque/sei anni), con una conseguente crescita del numero dei pensionati, categoria europeista per eccellenza, in quanto terrorizzata dall’idea che un’eventuale uscita dall’euro rischierebbe di falcidiarne i redditi.

E i giovani? Calcolare il loro tasso di adesione alle sirene liberiste di Macron non è agevole in quanto, oltre ad analizzare come si sono distribuiti fra il vincitore e Marine Le Pen, occorrerebbe valutarne il contributo all’alta percentuale di astenuti e all’impressionante marea di schede bianche (12%). Ciò detto, è possibile ipotizzare che si siano divisi quasi a metà, in base a una netta discriminante di classe. Possibile che una quota così alta di giovani francesi abbia potuto riconoscersi in questo figlio delle élite, ex banchiere, beniamino di Hollande e dei media, in questo arrogante enfant gâté che esalta la meritocrazia proclamando che occorre riconoscere che ci sono quelli che hanno talento e quelli che ne sono privi, che occorre costruire “l’autorità di quelli che sanno”? È possibile perché un’altra categoria cresciuta di numero, oltre ai vecchi, sono i cittadini con studi superiori (oggi al 25%) che rappresentano una sorta di “oligarchia di massa” che si identifica con una Francia colta e digitalizzata, e pensa che la globalizzazione sia propizia alla cultura delle startup, della moda e del saper vivere.

E gli altri, quelli che hanno votato Mélenchon al primo turno e si sono astenuti o hanno votato scheda bianca al secondo, e quelli che hanno votato Marine Le Pen sia al primo che al secondo pur non essendo “fascisti” (se davvero un terzo dei francesi fossero tali ci sarebbe da rabbrividire)? Beh, è proprio quando si tratta di analizzare e descrivere quest’altra metà che gli intellettuali si fanno afasici, balbettano, parlano genericamente di “esclusi”, di “perdenti della globalizzazione” (l’uso della parola “classe sociale” è fuori moda). È soprattutto qui che si rivela l’imbarazzo dell’intellettuale politicamente corretto di fronte alla sfida populista, ai suoi linguaggi “rozzi, semplificatori e demagogici”.

Così, quando viene loro richiesto di spiegare le ragioni della vittoria della Brexit e di Trump, o dei più di dieci milioni di voti raccolti dalla Le Pen, parlano di «vendetta operaia». Questo è



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