Psicologia di massa del fascismo by Wilhelm Reich

Psicologia di massa del fascismo by Wilhelm Reich

autore:Wilhelm Reich
La lingua: ita
Format: epub
pubblicato: 2014-07-05T04:00:00+00:00


6. L'UOMO APOLITICO.

Arriviamo infine al problema dell'uomo cosiddetto apolitico. Hitler non solo ha fondato il suo potere a priori con l'appoggio delle masse fino a quel momento essenzialmente apolitiche, ma ha compiuto «legalmente» anche il suo ultimo passo fino alla vittoria nel marzo 1933 con la mobilitazione di non meno di cinque milioni di persone che fino a quel momento non avevano votato, cioè di persone apolitiche. I partiti di sinistra si erano sforzati in ogni modo di conquistare le masse indifferenti, senza chiedersi che cosa significa «essere indifferenti o apolitici».

Se l'industriale e il grande proprietario terriero sono chiaramente a destra, la cosa è senz'altro comprensibile se si tiene conto dei loro immediati interessi economici. Per essi un orientamento politico a sinistra significherebbe una contraddizione con la loro condizione sociale e sarebbe quindi spiegabile solo con motivi irrazionali. Se il lavoratore dell'industria politicamente è orientato a sinistra, la cosa è razionalmente del tutto coerente perché è determinata dalla sua posizione economica e sociale nella fabbrica. Ma se gli operai o gli impiegati o i funzionari sono politicamente orientati a destra, la cosa è dovuta alla confusione politica, cioè all'ignoranza della loro posizione sociale. Più una persona che appartiene alla grande massa dei lavoratori è apolitica e più facilmente diventa accessibile alla ideologia della reazione politica. Questa apoliticità non è però, come si crede generalmente, uno stato psichico passivo, ma un atteggiamento altamente attivo, una difesa contro il senso di responsabilità sociale. La scomposizione di questa "difesa" del modo di pensare socialmente responsabile ci fornisce risultati inequivocabili che chiariscono parecchi aspetti oscuri dell'atteggiamento di larghi strati di persone apolitiche. Nella media degli intellettuali, «che non ne vogliono sapere di politica», si possono facilmente dimostrare immediati interessi economici e paure per la loro esistenza, che dipendono dall'opinione pubblica e per i quali fanno i sacrifici più grotteschi sul piano delle loro conoscenze e convinzioni. Fra le persone che occupano un posto qualsiasi nel processo produttivo e che, malgrado ciò, sono irresponsabili socialmente, si possono distinguere due grandi gruppi. Fra gli appartenenti al primo, il concetto di politica è inconsciamente associato all'idea della violenza e del pericolo fisico, con una grave paura che impedisce loro di orientarsi in base alla realtà. Fra gli altri, che senz'altro costituiscono la maggioranza, l'irresponsabilità sociale è dovuta a conflitti e preoccupazioni personali, fra i quali prevalgono le preoccupazioni sessuali. Se una giovane impiegata, che dal punto di vista economico avrebbe molte ragioni di avere una responsabilità sociale, è socialmente irresponsabile, in 99 casi su 100 lo si deve alle sue cosiddette «storie d'amore», o, per parlare con parole più serie, ai suoi conflitti sessuali. Questo vale allo stesso modo per la donna piccolo-borghese che deve raccogliere tutte le sue forze psichiche per dominare la sua situazione sessuale in modo tale da non crollare totalmente. Il movimento rivoluzionario ha finora compreso male questa situazione e ha cercato di politicizzare le persone «apolitiche» cercando di rendere coscienti in loro soltanto gli interessi economici irrealizzati. La pratica ha insegnato che



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