Storia del fascismo by Giampiero Carocci

Storia del fascismo by Giampiero Carocci

autore:Giampiero Carocci [Carocci, Giampiero]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Newton Compton
pubblicato: 2012-10-19T22:00:00+00:00


1 L’Italia era stata esclusa nel 1923 dallo statuto internazionale di Tangeri, al quale partecipavano Francia, Inghilterra e Spagna.

6. La grande crisi

La crisi arrivò dall’America in Italia nel 1930, dopo che Mussolini e il ministro delle finanze Mosconi si erano illusi, come del resto molti altri, che essa non arrivasse sul nostro continente e che potesse anzi avere ripercussioni benefiche sull’economia europea e italiana. In Italia, dove lo sviluppo era già frenato dalla politica di quota novanta, la crisi ebbe forse effetti meno devastanti che nei paesi, come gli Stati Uniti e la Germania, dove più intenso era stato il boom economico degli anni precedenti. Tuttavia anche da noi la crisi fu gravissima.

La grande industria fu in grado di riprendersi più rapidamente e meglio degli altri settori produttivi. Per la grande industria l’acme della crisi fu il 1932: fra il 1929 e il 1932 la produzione industriale diminuì di oltre un quarto. Poi risalì e nel 1935 era tornata quasi al livello del 1929. La crisi stimolò ulteriormente il processo di concentrazione. Passato l’anno critico del 1932, la ripresa delle grandi aziende fu tanto più netta e rapida quanto maggiore era l’azienda stessa.

Le società anonime di piccola grandezza furono colpite in modo assai più duro. Nel 1933-1936, mentre le grosse aziende (capitale superiore ai 10 milioni) erano già marcatamente in attivo, le piccole aziende (capitale inferiore a un milione) erano in deficit. Per le aziende ancora più piccole, e per il paese in generale, l’acme della crisi fu il 1934-1935. Nel settore agricolo la crisi presentò, grosso modo, un andamento analogo a quello delle piccole aziende.

I dati ufficiali relativi ai salari reali indicherebbero che quelli industriali rimasero statici, mentre quelli agricoli regredirono. Ma le condizioni dei ceti salariati e meno abbienti, soprattutto di quelli agricoli, peggiorarono più di quanto non dicano questi dati. L'emigrazione praticamente cessò, con conseguenze negative sia per la disoccupazione che per il deficit del bilancio (cessarono le rimesse degli emigrati). Fra il 1929 e il 1932 la disoccupazione industriale aumentò di tre volte e mezzo. Molte fabbriche lavoravano a ritmo ridotto. Si affermò la tendenza a sostituire nel lavoro le donne con gli uomini: tutte cose che diminuivano realmente i salari e solo formalmente la disoccupazione. Proseguì, con fasi alterne, la diminuzione dei consumi e, in modo netto, delle calorie pro capite. È stato calcolato che il livello medio di vita fra il 1925 e il 1932 diminuì di circa il 20 per cento.

Per alleviare il malessere venne intensificata, anche in Italia, la politica dei lavori pubblici. Le spese relative furono inferiori, in cifre assolute, a quelle fatte nello stesso periodo in Francia, Inghilterra e Stati Uniti; ma furono analoghe se si tiene conto della minore ricchezza italiana. La spesa pubblica, che aumentò in modo acuto nel 1931-1932, implicò un ulteriore inasprimento del carico tributario. Nel 1931-1934 questo superava di oltre il 5 per cento il livello, già alto, raggiunto nel 1922-1925, con netta prevalenza delle imposte sui consumi. Alla vigilia della seconda guerra mondiale il carico tributario era quasi raddoppiato rispetto al 1913-1914.



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