Teoria e pratica della non-violenza by Gandhi

Teoria e pratica della non-violenza by Gandhi

autore:Gandhi
La lingua: ita
Format: epub
Tags: Filosofia, politica,
editore: Einaudi
pubblicato: 1973-02-06T16:00:00+00:00


III. Il digiuno

I. IMPORTANZA DEL DIGIUNO NELL’ARSENALE DEL SATYAGRAHI. BREVE ENUMERAZIONE DEI DIGIUNI INTRAPRESI DA GANDHI. SUL PREGIUDIZIO DEI POLITICI CONTRO IL DIGIUNO COME ATTO POLITICO. LA NON-VIOLENZA SIGNIFICA ATTIVA PARTECIPAZIONE ALLA LOTTA POLITICA.

Se la lotta che noi stiamo cercando con tutte le nostre forze di evitare si scatenerà, e se rimarrà una lotta non-violenta, come deve rimanere se vogliamo che sia coronata dal successo, il digiuno con tutta probabilità avrà in essa un ruolo importante. Esso può avere una funzione rilevante nello scontro con le autorità e con il nostro stesso popolo nel caso si verifichino inutili atti di violenza o gravi disordini.

Esiste un pregiudizio connaturato contro il digiuno come componente di una lotta politica. Nella sfera della religione la sua funzione viene riconosciuta, ma i politici lo considerano una cosa estranea alla politica, sebbene i detenuti abbiano fatto sempre ricorso ad esso, anche se in modo casuale, con maggiore o minore successo. Con il digiuno tuttavia i detenuti sono sempre riusciti ad attirare l’attenzione dell’opinione pubblica e a creare delle difficoltà alle autorità carcerarie.

Il mio digiuno è sempre stato rigidamente coerente con la legge del satyagraha. In Sud Africa digiunarono parzialmente o completamente anche altri satyagrahi. I miei digiuni sono stati vari. Nel 1924 vi fu il digiuno unitario indo-musulmano durato ventun giorni e compiuto nella casa del defunto Maulana Mahomed Ali a Delhi69. Nel 1932 fu intrapreso nel carcere di Yeravda il digiuno a tempo indeterminato contro il Decreto MacDonald70. Sempre nel caro cere di Yeravda fu intrapreso il digiuno di purificazione di ventun giorni, che fu poi portato a termine nella casa di Lady Thakersey, poiché il governo non volle assumersi la responsabilità di tenermi in prigione nelle condizioni in cui mi trovavo. Segui poi, nel 193371 un altro digiuno, intrapreso ancora una volta nel carcere di Yeravda, contro il rifiuto del governo di concedermi l’autorizzazione a svolgere un lavoro di propaganda contro l’intoccabilità attraverso l’«Harijan» (pubblicato in prigione) alle stesse condizioni di cui avevo usufruito quattro mesi prima. Le autorità non cedettero, ma mi scarcerarono quando i medici si convinsero che non sarei sopravvissuto ancora per molti giorni se non avessi interrotto il digiuno. Segui poi lo sfortunato digiuno di Rajkot del 193972. Un passo falso che sventatamente compii durante il digiuno compromise i brillanti risultati che altrimenti sarebbero sicuramente stati ottenuti. Malgrado tutti questi digiuni fatti, il digiuno non è stato accettato e riconosciuto come parte del satyagraha. Da parte dei politici esso è appena tollerato. Tuttavia io sono giunto alla conclusione che il digiuno fino alla morte è parte integrante del programma del satyagraha e, in determinate circostanze, è l’arma più potente e più efficace di cui il satyagraha dispone. Non tutti sono in grado di intraprendere il digiuno senza una appropriata preparazione.

Non intendo appesantire queste righe con un’analisi delle circostanze in cui si può ricorrere al digiuno e del tipo di preparazione necessaria per esso. La non-violenza nel suo aspetto positivo di benevolenza (non uso la parola amore perché è stata screditata)



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