Tossici by Norman Ohler

Tossici by Norman Ohler

autore:Norman Ohler
La lingua: ita
Format: epub
editore: Rizzoli
pubblicato: 2018-01-24T05:00:00+00:00


L’attentato e le sue conseguenze farmacologiche

Il complesso della Tana del Lupo spiccava tra la vegetazione verdeggiante, l’estate era calda e Theo Morell fissò una retina alla visiera del berretto militare per difendersi dalle zanzare. Le baracche di legno del quartier generale erano state dotate di un robusto paraschegge, Goebbels aveva ricominciato a fumare, e alle ore 11,15 del 20 luglio 1944 il «paziente A» ricevette un’«iniezione come sempre».130 Sulla scheda, Morell annotò una «X».

Così ritemprato, Hitler si diresse verso l’edificio dove si sarebbe svolta la riunione in quel giorno fatidico. Alcuni ufficiali lo aspettavano già davanti alla porta. Il dittatore aggrottò le sopracciglia folte, evidenziando ancora di più le protuberanze sulla fronte, e strinse la mano a tutti. Poi entrò nella baracca, le cui dieci finestre erano aperte per attenuare il caldo opprimente. Mentre gli altri ventiquattro partecipanti si avvicinavano al lungo tavolo di quercia, il Führer si sedette su uno sgabello e cominciò a giocherellare con una lente d’ingrandimento. Il generale Adolf Heusinger, accomodato alla sua destra, descrisse in tono cupo la situazione disperata sul fronte orientale. Il conte Claus Schenk von Stauffenberg, che arrivò in leggero ritardo, strinse la mano a Hitler e infilò la cartella marrone sotto il tavolo, il più vicino possibile all’obiettivo. Poco dopo lasciò la stanza senza dare nell’occhio. Alle 12,41 un ammiraglio si alzò e andò alla finestra per prendere una boccata d’aria. Hitler si chinò per esaminare meglio la carta militare, con il mento posato sulla mano e il gomito sul tavolo. Erano le 12,42. Il generale che stava facendo rapporto dichiarò: «Se non ci decidiamo a richiamare il Gruppo d’armate dal lago Peipus, rischiamo una catastrofe…». In quell’istante risuonò un terribile boato.

«Ho visto chiaramente la vampata accecante e ho pensato subito che poteva essere soltanto un esplosivo inglese, perché quelli tedeschi non fanno una fiamma di un giallo così intenso e abbagliante.»131 Hitler descrive i fatti in tono stranamente distaccato, come se parlasse da dietro un velo. L’onda d’urto lo scaraventò dal centro della stanza verso l’uscita. Rinvigorito dalla «X», il dittatore visse l’esplosione in maniera attutita, sentendosi invincibile come il Sigfrido di Wagner, mentre gli ufficiali gravemente feriti lottavano contro la morte e avevano i capelli in fiamme. Poco dopo, il Führer riferì con noncuranza: «Il fumo denso mi impediva di vedere chiaramente. Distinsi solo alcune figure distese che si contorcevano. Ero a terra, vicino allo stipite sinistro della porta; sopra di me, assicelle e travi. Ma riuscii ad alzarmi da solo e ad allontanarmi. Avevo soltanto dei lievi capogiri e un leggero senso di stordimento».132

Morell udì l’esplosione dal suo studio e pensò subito che poteva trattarsi di una bomba. Di lì a qualche istante Linge fece irruzione nella stanza, esortandolo a seguirlo senza indugio nella camera di Hitler. Il medico si affrettò a prendere la valigetta nera e a uscire nel caldo afoso. A terra c’era un generale che aveva perso una gamba e un occhio. Morell avrebbe voluto fermarsi ad assisterlo, ma Linge lo trascinò via: il Führer era più importante.



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