Che cosa hai fatto, Lizzie Borden? by Sarah Schmidt

Che cosa hai fatto, Lizzie Borden? by Sarah Schmidt

autore:Sarah Schmidt [Schmidt, Sarah]
La lingua: ita
Format: epub
ISBN: 9788858523780
editore: Piemme
pubblicato: 2020-01-09T12:00:00+00:00


10

Benjamin

4 agosto 1892

Il sole mi colpì come una cannonata. I colombi danzavano sul tetto. Dopo un po’ la porta della stalla si aprì. Di sotto c’era del movimento, una donna trillava come un uccellino e diceva: «Buongiorno, piccoli miei». Era Lizzie. Poi urlò.

«I miei uccelli!»

Mi alzai sulle braccia e sulle ginocchia, strisciai in silenzio fino alle scale. Guardai giù e la vidi con le mani dentro a un profondo bidone della spazzatura. Urlò ancora, tirò fuori un colombo morto, ali piegate e rigide, senza testa, come tutte le cose morte. Ne tirò fuori un altro e poi un altro ancora, ne fece una pila ai suoi piedi e gridò: «Lo odio! Lo odio!». Lizzie se li poggiava sul petto, per fargli ascoltare il suo cuore. Il sole penetrò nella stalla, il respiro del legno. Ricordai mio padre che si muoveva per casa, con i piedi nudi che sbattevano sul pavimento, finché si fermò davanti alla mia stanza. «Ragazzo. Ragazzo.»

«Sì, papà?»

«Apri.»

Aprii la porta. Odore di muschio e tabacco bruciato, di fango vecchio. Papà mi sorrise, col suo dente annerito. «Prendi il cappotto.»

Presi il cappotto e lo seguii fuori. Ci muovevamo veloci. «Dove andiamo?» I miei piedi marciavano come ratti.

«Devi tenermi ferme delle cose.»

Arrivammo al nostro pollaio. «Tu me li passi e io uso l’ascia.»

Papà prese d’assalto i polli. Io li tenevo a testa in giù e le loro zampe squamose mi pizzicavano, sfregando sull’interno del polso.

«Dammeme uno» mi disse papà.

Gli passai un pollo, guardando come si dimenava, guardandogli gli occhi che si gonfiavano. Quando l’ascia calò, il pollo saltò in aria e il suo sangue mi cadde sulla pelle; la testa si agitava ancora sul ceppo. Ne afferrai un altro, cercando di tenerlo fermo mentre si dimenava per la paura.

«Non riesco a tenerli. Svolazzano troppo.»

Gli passai un pollo. Poi un altro. Polli, polli.

Quando tutto finì mi disse: «Prendi le teste e portale alla mamma».

Erano accatastate a terra come sterpi. Avevo paura di toccarle. Una delle teste si mosse, un battito d’occhi e un rantolo dal becco. «Papà, è ancora vivo.»

«Sono i nervi.»

Allora le raccolsi con lentezza da terra e le misi in un secchio. Puzza di sangue. Ne ero ricoperto.

Fuori dalla stalla la voce roboante di Andrew disse: «Lizzie! Lizzie, vieni qui». Lei si voltò e io mi allontanai dalle scale. Andrew rimase sulla porta, la sua ombra riempì la stalla.

«Stammi lontano» disse Lizzie.

Andrew sospirò. «Speravo che non li avresti trovati prima che...»

«Li hai uccisi!» Lizzie gli gettò addosso un colombo. L’uccello lo colpì sull’addome e poi crollò a terra. Un’ala si spezzò.

Andrew entrò nella stalla e diede uno schiaffo in faccia a Lizzie. «Smettila di dire queste assurdità.»

Lizzie singhiozzava, batteva i piedi, come un soldatino di legno, e disse: «Perché?».

«Sono nocivi, Lizzie.»

«Sono i miei animali da compagnia. Ci tengo.»

«Portavano in casa le malattie.»

Lizzie si chinò, raccolse il colombo e lo strinse. «Perché siete stato così crudele? Avreste potuto semplicemente liberarli.»

«Lo sai che non se ne sarebbero andati. Alcune cose sono meglio morte.» Andrew si mosse verso di lei, alzò la mano e l’anello d’oro sul mignolo brillò.



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