Il segreto di Imhotep by Wilbur Smith

Il segreto di Imhotep by Wilbur Smith

autore:Wilbur Smith
La lingua: ita
Format: epub
editore: HarperCollins Italia


Bastò una mezz’ora di marcia veloce per condurli nei paraggi dell’accampamento di Akkan. Il gruppo principale fu mandato a sferrare l’attacco da ovest, mentre Khin, le sue guardie del corpo, Piay e Hannu si sarebbero avvicinati da est, sul lato del fiume. Ormai il Nilo non era distante e Piay sentì l’effluvio dell’acqua. Dopo un po’ udì il sommesso brusio di voci. La luce filtrava da una parete di cespugli di acacia.

Khin gli fece cenno di raggiungerlo.

Piay, strisciando carponi fino alle piante, riuscì a captare l’odore della pece delle fiaccole e a udire il delicato gorgoglio del fiume che mulinava lungo le rive durante il suo viaggio fino al mare.

Anche le voci risultarono più distinte. Due uomini stavano discutendo dell’opportunità di scendere là sotto. Piay non riuscì a capire a cosa si riferissero, ma colse una palese nota di frustrazione nel loro tono.

«Pensavo avessi detto che la tua donna non intendeva portare Akkan fino all’indizio» sussurrò Khin.

«Infatti.»

«Be’, o lei ha mentito oppure lui l’ha costretta, perché ho l’impressione che lo stiano cercando in un punto ben preciso.»

Piay si sforzò di udire la voce di Myssa, ma sentì parlare solo degli uomini. Si disse che quello non era un motivo sufficiente per preoccuparsi, ma una parte di lui cominciò a farlo comunque.

Khin puntò l’indice, poi lui e Piay si addentrarono tra i cespugli per godere di una visuale migliore. Le torce sfrigolavano al centro del piccolo accampamento. Sul versante opposto di una buca scavata nel terreno c’erano alcune tende, davanti alle quali altri Hyksos mangiavano, bevevano, conversavano e lanciavano saltuarie occhiate verso la mezza dozzina di compagni assiepati intorno al grosso foro.

Alcuni erano in piedi con le mani sui fianchi a guardare giù, altri accovacciati. Due di loro, senza armatura, portavano una tunica diversa da quella militare e Piay ricordò di averne viste di simili nella necropoli: dovevano essere sacerdoti, accoliti del Cobra.

Riconobbe altri volti visti quella notte, ma non riuscì a scorgere Akkan o Myssa né a sentirne le voci. Pregò che le Averle non attaccassero prima di aver avuto la possibilità di scoprire dove si trovava la sua amata e di portarla in salvo.

Continuava a non esserci traccia nemmeno di quei predoni, anche se Piay sapeva che dovevano essere appostati nei campi, nei canali e nel sottobosco, a non più di cinquanta passi dall’accampamento. Per quanto potessero rivelarsi disordinati nel combattere, possedevano un autentico talento nel rendersi invisibili.

«Lo tiriamo fuori?» stava chiedendo uno dei guerrieri hyksos.

Si allungò in avanti per guardare nella buca, pur non riuscendo sicuramente a vedere nulla a causa del buio.

Un suo compagno si strinse nelle spalle. «Tanto vale farlo, a cosa servirebbe aspettare?»

Il primo guerriero sbuffò e disse: «Allora dammi una mano».

Quando si chinarono Piay notò una corda di pelle che, fissata a un piolo di bronzo conficcato nel terreno, scendeva in quello che sembrava un pozzo. I due Hyksos la afferrarono, piantarono saldamente i piedi a terra e cominciarono a tirare.

Gli altri uomini si avvicinarono, scrutando negli abissi. Il muro formato dai loro corpi



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