La storia segreta della Rivoluzione 3 by Hilary Mantel

La storia segreta della Rivoluzione 3 by Hilary Mantel

autore:Hilary Mantel
La lingua: ita
Format: mobi
editore: Fazi Editore
pubblicato: 2015-11-17T23:00:00+00:00


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La visita del marchese

(1793)

Entrambi i monarchi sono morti: il tiranno e la tiranna non ci sono più. Si dovrebbe provare un sentimento di libertà, anche interiore, e invece Lucile scopre che non è così. Aveva insistito perché Camille le raccontasse nei particolari le ultime ore della regina, ansiosa di sapere se era degna di occupare un posto nella storia. Camille però non aveva dato segno di volerne parlare. Alla fine comunque aveva confessato, come lei sapeva benissimo, che niente riusciva a indurlo ad assistere a un’esecuzione. Ipocrita, aveva replicato lei, dovresti vedere i risultati delle tue azioni. Camille l’aveva fissata, poi aveva aggiunto: so come muore la gente. Le aveva fatto un inchino da ancienrégime, ironico e smaccato, aveva preso il cappello ed era uscito. Bisticciava di rado con lei, ma si vendicava con delle misteriose assenze che potevano durare da dieci minuti a giorni interi.

Tornò a casa dopo un’ora scarsa: era possibile organizzare una cena? Ma che generoso preavviso, ribatté sarcastica Jeanette. Disponendo però di denaro e sapendo dove andare, non era difficile procurarsi cibi di buona qualità in misura sufficiente. Camille scomparve un’altra volta e fu Jeanette, uscita a fare la spesa, che scoprì l’occasione da festeggiare: nel pomeriggio la Convenzione aveva appreso che dopo una lunga e sanguinosa battaglia gli austriaci erano stati sconfitti a Wattignies.

Così quella sera brindarono alla vittoria appena conseguita, ai nuovi comandanti appena nominati. Parlarono dei progressi compiuti in Vandea contro i rivoltosi, dei successi riportati a Lione e a Bordeaux contro i ribelli. «Mi pare che la Repubblica compia passi da gigante», disse Lucile a Hérault.

«Sono buone notizie, sì». Hérault però aveva un’espressione corrucciata. Era pensieroso; aveva chiesto al Comitato di essere mandato in Alsazia sulle orme di Saint-Just e sarebbe dovuto partire quasi subito, forse l’indomani stesso.

«Perché una cosa del genere?», gli chiese Lucile. «Senza di te sarà noioso. Sono contenta che tu sia potuto venire stasera, non sapevo se eri al Comitato».

«Ultimamente non sono di grande utilità da quelle parti, mi tengono informato il meno possibile. Ne so di più dai giornali».

«Non si fidano più di te?». Lucile era allarmata. «Che cosa è successo?».

«Chiedi a tuo marito, che gode della considerazione dell’Incorruttibile». Pochi minuti dopo s’alzò da tavola, la ringraziò, le spiegò che doveva occuparsi degli ultimi preparativi. Camille si alzò a sua volta e lo baciò su una guancia. «Torna presto», gli disse, «mi mancheranno i nostri scambi di velati insulti».

«Dubito di tornare presto». La voce di Hérault era tesa. «Almeno alla frontiera potrò rendermi utile e guardare in faccia il nemico. Parigi sta diventando un posto da saprofagi».

«Chiedo scusa», ribatté Camille, «vedo che ti faccio perdere tempo. Posso avere indietro il mio bacio?».

«Scommetterei che se dovessero salire sul patibolo insieme», commentò una voce svogliata, «quei due discuterebbero su chi ha la precedenza».

«È un privilegio che spetterebbe a me, credo», disse Camille, «ma non so bene come andrebbe. È mio cugino a decidere l’ordine delle esecuzioni».

Si sentì un rumore come di un sorso andato di traverso e un bicchiere sbattuto giù sul tavolo.



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