La rivoluzione della Luna by Andrea Camilleri

La rivoluzione della Luna by Andrea Camilleri

autore:Andrea Camilleri [Camilleri, Andrea]
La lingua: ita
Format: epub, mobi
Tags: Narrativa Storica
ISBN: 9788838930140
editore: Sellerio
pubblicato: 2013-03-06T16:00:00+00:00


Capitolo undicesimo

Appare il fantasma di don Angel

e fa un gran danno

La prima siduta del novo Consiglio si raprì puntuali alli deci del matino di martidì.

Per primo parlò il Gran Capitano di Giustizia che contò quello che era successo al palazzotto dell’Opira Pia e pirchì aviva dovuto arristari a tutti. ’N seguito alle confissioni dei dù sicari, aviva mannato delle guardie a circare i corpi delle tri picciotte. Erano state arritrovate a pochi metri dall’Opira Pia. I cataferi erano stati ’ncasciati e risippilluti ’n terra consacrata.

Nella matinata il Tribunali aviva addicretato la confisca dei beni e la cunnanna a cinco anni di tutti i prisenti fatta cizzione per don Simone che era stato connannato a morti per triplici omicidio ’nzemmula a Nasca e a ’Mpallomeni.

Le vintiquattro orfane erano state portate, a seguito di un priciso ordini di donna Eleonora, nel convento di Santa Teresa.

Sempri nella sirata del jorno avanti erano stati arristati, avenno don Simone reso ampia confessioni, i complici che gli segnalavano le cchiù beddre orfane per avviarle al meretricio. Si trattava di madre Teresa, badissa del convento di Santa Lucia, di suor Martina, responsabili dell’orfanatrofio annesso al convento del Sacro Cuore, di Don Aglianò, che aviva un ospizio per orfane, e di frati Agenore, vicisuperiori dei francescani.

Finì dicenno che il marchisi aviva consignato l’elenco dei beni ’ndirettamente ottenuti col sò turpi comercio e che erano arresultati essiri ’na cosa sbalorditiva.

Appresso a lui, il Gran Maestro Razionale proponì che don Esteban, ’na vota finuto il sò travaglio coll’ecchisi Consiglieri, si trasfirissi a Missina per mettiri sutta torchio al capo canteri.

E che doppo Missina, annasse a Bivona a vidiri che cumminava don Aurelio Spanò, marchisi di Puntamezza, che era squasi sicuro che si mittiva ’n sacchetta la mità del dinaro delle tassi, come sostinivano i bivonisi. ’Nfini dissi che ’n seguito a tutti i siquestri che si stavano facenno del dinaro e delle propietà dei corrotti, l’introito avrebbi forsi pirmittuto qualichi alleggirimento di tasse.

Donna Eleonora, che era ’ntirissata assà a ’st’argomento, addimannò spiegazioni al Gran Tisoreri. E quello arrispunnì che fettivamenti il dinaro stava trasenno nelle cascie statali a palate.

Po’ la marchisa ordinò che l’arresto e la cunnanna di don Simone e dei sò amici vinissiro portati a canoscenzia della popolazioni attraverso i banditori che avrebbiro dovuto percorriri tutte le strate della cità.

Po’ accomunicò che tutto quello che aviva ’n menti di fari l’avrebbi spiegato al prossimo Consiglio di vinniridì.

E scioglì la siduta.

Non voliva fari tardo pirchì aviva ’nvitato a mangiare alla principissa di Trabia e a don Serafino. Voliva parlari a longo con loro dei progetti che aviva ’n menti.

Quanno che il portoni del Palazzo, la sira, viniva ’nsirrato, era bitudini che, oltri alle guardie di fora che stavano a deci passi l’uno dall’autro torno torno ai muri, dintra ci ristavano dodici sordati scelti, che cangiavano a ogni simanata, e che erano sutta al cumanno del tinenti Ramírez che ’nveci ristava fisso.

Di ’sti dodici sordati, tri pristavano sirvizio davanti all’appartamento privato del Viciré, uno davanti alla porta, il secunno a mità del corridoio e il terzo ’n capo alle scali che portavano al piano di sutta.



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